Gerald Durrell, Il picnic e altri guai. Milano, Adelphi (Piccola Biblioteca 378), p. 255. Traduzione di Franco Salvatorelli.
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Vi ricordate l'humour cinisco e delicato, freddo e coinvolgente, del Cary Grant dai colletti sobriamente inamidati? Da quei film - rigorosamente in bianco e nero - ci lasciamo ancor oggi irretire, perché oltre a regalarci gradevoli storie d'amore, essi rappresentano l'accademia del sorriso a bocca chiusa, dell'ilarità silenziosa: a ridere di gusto è la nostra materia cerebrale.
Identico commento per Il picnic di Durrell, sorretto - nella versione italiana - dalle felici intuizioni linguistiche del suo traduttore. Lo sguardo crudele dello scrittore si posa sui connazionali britannici, senza risparmiare italiani, greci, francesi...
Cinque appetitosi racconti che invoglieranno il lettore a sapere qualcosa di più di questo scrittore-zoologo (scomparso nel 1995, all'età di settant'anni); cinque episodi allegri, scanzonati, narrati con una lingua tagliente, ma anche affettuosa, all'indirizzo degli umani difetti, analizzati - vorrei dire sezionati - come parti visibili del nostro organismo.
Persino quando Durrell scivola lungo il declivio pericoloso dei facili stereotipi (i greci son tutti matti, gli italiani sono dei pavoni, i francesi degli epicurei al limite del macabro), i vostri occhi continueranno a sorridere, perché non c'è astio nelle sue disamine, solo un po' - questo sì - di malizia.
Si potrebbe farne un buon soggetto filmico. [Jacqueline Spaccini]
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pubblicato da Avvenimenti 19.03.1997, pp.71-72
Identico commento per Il picnic di Durrell, sorretto - nella versione italiana - dalle felici intuizioni linguistiche del suo traduttore. Lo sguardo crudele dello scrittore si posa sui connazionali britannici, senza risparmiare italiani, greci, francesi...
Cinque appetitosi racconti che invoglieranno il lettore a sapere qualcosa di più di questo scrittore-zoologo (scomparso nel 1995, all'età di settant'anni); cinque episodi allegri, scanzonati, narrati con una lingua tagliente, ma anche affettuosa, all'indirizzo degli umani difetti, analizzati - vorrei dire sezionati - come parti visibili del nostro organismo.
Persino quando Durrell scivola lungo il declivio pericoloso dei facili stereotipi (i greci son tutti matti, gli italiani sono dei pavoni, i francesi degli epicurei al limite del macabro), i vostri occhi continueranno a sorridere, perché non c'è astio nelle sue disamine, solo un po' - questo sì - di malizia.
Si potrebbe farne un buon soggetto filmico. [Jacqueline Spaccini]
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pubblicato da Avvenimenti 19.03.1997, pp.71-72
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