venerdì 11 gennaio 2013

Il grano in pianta di Pavese

Così scrive Cesare Pavese a Fernanda Pivano il 25 giugno 1942:




Cara Fernanda,

   se lei ignora l’odore del grano, intendo del grano in pianta, maturo, dondolante, sotto le nuvole e la pioggia estive, è sventurata e La compiango. Pensi che io non avevo mai sentito il grano in pianta, perché venivo sempre in campagna alla metà di luglio quand’è mietuto, e questa volta è stato come quando un marito, separato dalla moglie da anni, ritorna a trovarla e gli pare un’amante – essa ha cioè delle parole, dei gesti, dei momenti a lui ignoti, a lui sfuggiti al tempo dell’amorosa passione, e che ora gli paiono rivelargli tutto il dolce del primo amore.


martedì 8 gennaio 2013

Alfonsina Storni, la lupa suicida



Alfonsina Storni era nata nel Canton Ticino nel 1892, data che me la rende già cara per essere coincidente con quella di mio nonno paterno. A 4 anni, emigra con la famiglia in Argentina, dove resterà fino a una giornata dell'ottobre 1938, quando all'età di 46 anni muore suicida, annegandosi in mare, non sopportando il ritorno del cancro che credeva di aver debellato tre anni prima.

Giovane poetessa, ragazza madre, donna che ribalta la condizione della donna facendosi con gli uomini nel contempo femmina dominata e maschio dominatore.
Famosissime le sue liriche, bistrattate dalla critica, in quanto troppo "facili", troppo "tradizionali", esse hanno attraversato il tempo dando ragione a chi le ha amate da subito.

Ne pubblico qualcuna di seguito.

Mi chiedo se quello che sto vivendo non sia un sogno.
Mi chiedo se fra un istante non mi sveglierò.
Mi chiedo se non sarò scagliata di nuovo nella vita come prima di amarti.
Mi chiedo se non mi costringerai di nuovo a vagare di anima in anima senza mai incontrarti.

*

Ascolta: io ero come un mare addormentato.
Tu mi hai destata e la tempesta si è scatenata.
Agito le mie onde, affondo le mie navi, salgo al cielo 
e sferzo le stelle, mi vergogno e mi celo tra i miei flutti,
impazzisco e uccido i miei pesci.
Non guardarmi sgomento.
Tu l'hai voluto.

*

Ogni volta che ti lascio, trattengo negli occhi lo splendore del tuo ultimo sguardo.
E allora corro a rinchiudermi, spengo le luci, evito ogni rumore perché nulla mi rubi
un solo atomo della sostanza eterea del tuo sguardo, la sua infinita dolcezza, la sua
limpida tenerezza, la sua fine estasi. 
Tutta la notte, con la punta rosata delle dita, accarezzo gli occhi che ti hanno guardato.

*

Tu che passi, tu dicesti: questa donna non sa amare.
Eri tu che non sapevi destare il mio amore.
Amo meglio di coloro che meglio amarono. 


Il libro di riferimento è: Alfonsina Storni, Poemas de amor, Bellinzona (CH), Casagrande editore, 1988. Versione bilingue a cura di Franca Cleis, Marinella Luraschi e Pepita Vera. Traduzione di Augusta Lopez Bernasocchi. Saggio (pregevolissimo) di Beatriz Sarlo.