domenica 27 agosto 2017

Gli artisti polacchi a Roma nel Settecento

Mi è capitato tra le mani questo libro di Mattia [Maciej] LORET, Gli artisti polacchi a Roma nel Settecento. Milano-Roma, Casa editrice d'arte Bestelli e Tumminelli, 1929 (prefazione di Corrado Ricci). 60 illustrazioni in b/n. E l'ho comprato.

Ho scoperto la storia di questi pittori affascinati da Roma, come tutti gli artisti stranieri lo erano, nel Settecento. Ho scoperto che alcune delle loro opere si trovano tra Frascati e Ariccia. Le potete contemplare anche voi, giacché sono perlopiù in luoghi accessibili come le chiese.

Di seguito, un sunto dell'opera.

Due parole sull'autore del libro, Mattia Loret.
Membro dell'Accademia polacca di scienze e lettere, fu da essa incaricato di recarsi a Roma per studiare (anzi per continuare a studiare, annota il Ricci) i polacchi all'estero, particolarmente nella capitale italiana. Era docente e lasciò Roma per qualche anno, insegnando a Leopoli (oggi,  in Ucraina) e a Cracovia. Tornò a Roma ove rimase anche durante la I guerra mondiale. Inviato ad Atene come diplomatico «plenipotenziario». Nel 1929, è già tornato a Roma (ignoriamo se vi sia anche morto), in qualità di delegato del Ministero della Pubblica Istruzione polacca.
Il senatore Corrado Ricci, prefatore del libro, fondò nel 1922 (altrove, si legge 1918) l'Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte - centro di studi e di ricerche - con annessa biblioteca.

I pittori oggetto dello studio del Loret sono Szymon Czechowicz, Tadeusz Kuntze.

Scrive Loret nella sua Introduzione che la Polonia fu sempre legata alla civiltà occidentale, soprattutto attraverso i vincoli della religione cattolica romana, anche per proteggersi dalle invasioni asiatiche, come quella tartara del 1241 che destabilizzò il patrimonio culturale della giovane nazione polacca.

Quelle regioni invase furono spopolate e ciò permise all'elemento germanico di spadroneggiare nel quattrocento. In verità, gli italiani avevano iniziato a insediarsi fin dal duecento, seppure isolatamente. Scrive Loret: gli italiani, più intraprendenti e privi di boria [rispetto all'elemento germanico], [furono] accetti e benvoluti (p. 11). Si tratta perlopiù di rappresentanti del commercio, dell'industria e della banca. Poi vi furono i rapporti con la Curia romana che inviava i suoi legati.

Loret sa bene che la Polonia costituisce una sorta di «sentinella avanzata» soprattutto dopo la caduta di Costantinopoli e l'avanzata turca in Europa.  A metà del Seicento, la Polonia vuoi per la politica nefanda nobiliare, vuoi per le catastrofiche guerre con turchi, cosacchi e infine svedesi, si vede danneggiata nel suo potenziale intellettuale e artistico, ritardando la sua evoluzione culturale.
I giovani studenti polacchi migrano in Italia.

Che tipo di pittura c'è, in Polonia, prima del Settecento?

Il tema è quello religioso, la scuola da imitare negli stilemi è quella tedesco-fiamminga. L'architettura è gotica.
Ma ecco che - scrive Mattia Loret - il Rinascimento italiano si fa strada anche in Polonia e la sua architettura è ravvisabile nel castello di Wawel (Cracovia, sulla Vistola, residenza reale), ricostruito dall'architetto toscano Bartolomeo Berrecci.

castello di Wawel (Cracovia, Polonia)


Gli italiani sono tenuti in grande considerazione e vengono affidati lavori a molti tra di loro (a scapito degli artisti polacchi), come per es. Palma il Giovane o il figlio del Tintoretto, Domenico Robusti.

Poi nel 1600 arriva alla corte di Sigismondo III, Tommaso Dolabella e ne diviene il pittore ufficiale. Grande fu la sua influenza sulla pittura polacca, finché con l'avvento al trono di Lasdislao IV (1632-1648), tornano di moda le tendenze fiamminghe e olandesi, in quella che fu l'âge d'or di quell'arte.

Durante il regno di Jan III Sobieski il mecenatismo si diffonde: nuovi palazzi, nuove ville, fondazione di una scuola di pittura, rapporti con l'Accademia romana di S. Luca, ove vengono inviati vari  giovani pittori (allievi) polacchi.

È dunque la corte a dare impulso alle molteplici iniziative artistiche non solo verso l'Italia, ma anche verso l'Olanda e la Germania. Almeno fino ad August II, re di Polonia ed elettore di Sassonia, mecenate sì, ma verso la Germania (Dresda); si disinteressò della vita artistica in Polonia, [avendo] a nutrire propositi del tutto divergenti con la prosperità e perfino con l'integrità del paese  (p. 17).

Il '700

Tra i primi a migrare c'è Szymon Czechowicz. Siamo nel 1710. Ha 21 anni. È Ossolinski, tesoriere della Corona, che accortosi del suo talento, gli fornisce i mezzi per giungere in Italia, a Roma, dove resterà per i successivi trent'anni. Czechowicz copia molto da Raffaello, visita chiese e monumenti, «respira(...) il fascino della città» (p. 19). Dipinge per la chiesa nazionale polacca a Roma, S. Stanislao alle Botteghe Oscure, una crocifissione.

Czechowicz, Adorazione di Santa Edvige
(S. Stanislao dei Polacchi)
foto scattata da me dal libro stampato nel 1929
Tornerà poi in Polonia, continuando a dipingere molto. Stabilitosi a Varsavia vi morirà, terziario dell'ordine di S. Felice.

Ma l'artista polacco più «romano» è senza ombra di dubbio Tadeusz Kuntze, nato a Grünberg (nella Slesia ancora polacca, oggi tedesca) intorno al 1730, crebbe a Cracovia lavorando come sguattero di un prelato, Andrzej Stanisław Kostka Załuski, che diverrà vescovo della città.

A differenza di Czechowicz, Kuntze non risulta iscritto all'Accademia di S. Luca, al cui interno la nuova corrente neoclassica, capeggiata dal maestro di Mengs, Marco Benefial, [...] si scagliava contro il manierismo barocco (p. 22). Ciononostante, Loret ipotizza che le polemiche e i dibattiti abbiano comunque avuto delle ripercussioni sulla sua evoluzione artistica. Kuntze studia i grandi maestri del '500 e del '600, soprattutto per la tecnica dell'affresco.

All'inizio, per sbarcare il lunario, l'artista esegue frettolosamente alcuni quadri di soggetto religioso commissionatigli dalla lontana Polonia. A Roma lavora tanto, quadri di santi tutti ora a Cracovia, dove tornò verso il 1757 (p. 23). Nel 1758 muore il vescovo benefattore (Załuski) e ciò riguarda la vicenda personale di Kuntze; cinque anni dopo muore anche il re August III Sas e in Polonia i cambiamenti cominciano a farsi sentire.

Sale al trono Stanislas II August Poniatowski, in maniera rocambolesca. A dire dell'autore del libro, molti sono i meriti di quest'ultimo re polacco: si può dire che la Polonia deve a lui le basi e l'impulso dell'arte nazionale (p. 24). Come? Mantenendo una scuola artistica il cui direttore fu per lungo tempo il romano Marcello Bacciarelli, autore tra l'altro di un suo ritratto (cfr. immagine qui sotto). Altri artisti italiani (penso a Giovanni Battista Lampi) soggiornarono presso la corte presso il re: uno su tutti, Bernardo Belotto detto il Canaletto che ben restituì la Varsavia del tempo (clicca qui).

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/4d/Stanislaw_poniatowski_bacciarelli.jpg
la foto di pubblico dominio è tratta dal sito tedesco Hampel Kunstauktionen

Si dirà: e Tadeusz Kuntze in tutto questo? L'artista torna a Roma nel 1766, dopo dieci anni di assenza, trascorsi in Polonia.

La Roma intellettuale si è spostata nei salotti e in due Caffè: il Caffè inglese (di cui personalmente non so nulla, n.d.r.) e il Caffè greco, l'uno a pochi passi dall'altro, anche se il mercato artistico degli stranieri, scrive Mattia Loret, è in mano ai restauratori di antichità come il Cavaceppi e l'Albaccini (p. 26).

Non godendo dell'appoggio materiale del re, che cosa può fare Kuntze per ottenere commissioni?
Affidarsi al cardinale duca di York, vescovo di Frascati, figlio di una principessa polacca, Clementina Sobieski. Costui, nato a Roma, giacobita, nipote di Giacomo II Stuart, rivendica per sé la corona inglese, si chiama Henry Benedict Thomas Edward Maria Clement Francis Xavier Stuart e sarà ritratto da Anton Raphael Mengs e da Maurice Quentin de la Tour.

Il cardinale chiede a Tadeusz Kuntze di affrescare a Frascati le pareti laterali della cappella del seminario tuscolano (appena restaurato) e la volta della biblioteca (appena costruita).

Chiesa del Gesù (Frascati)


Eglise du Gèsu de Frascati.JPG
la foto è prelevata da wikipedia e firmata LPLT CC BY-SA 3.0

Ecco i suoi lavori:


Nascita della Madonna [fig 15, p. 49]

Transito della Madonna [fig 16, p. 50]




Refugium peccatorum 
Adorazione dei pastori [fig 17, p. 51] 
Presentazione al tempio [fig 18, p. 52]
File:Adorazione dei Pastori Chiesa Gesu Frascati 010.jpg
ADORAZIONE PASTORI foto by luiclemens


File:Presentazione di Gesu al Tempio Chiesa Gesu Frascati 009.jpg
La presentazione al tempio foto by luiclemens

E, sulla volta della biblioteca [fig 19, p. 53] : Trionfo della Scienza sull'ignoranza.

Poi ci sono i quadri conservati nel palazzo vescovile (la Rocca) di Frascati; tre tele a tempera: 1. Abramo e i tre angeli [fig. 21, p. 55]; 2. Rebecca al pozzo [fig 22, p. 56] e 3. Aronne che mette in fuga gli egiziani col bastone cambiato in serpente [fig 23, p. 57].

Kuntze accetterà anche ordinazioni di minor rilievo, come per esempio la  decorazione di un salotto ad Ariccia: La storia di Ippolito, eroe mitico di quei luoghi (9 affreschi) [figg 24-31]

Ci sono infine alcuni quadretti di vita popolare romana, ed è proprio con questi che l'artista polacco assume una personalità, distinguendosi come uno dei migliori artisti di genere [figg 32-41]

Saltarello romano fig 37, p. 71








Ci sarebbe da parlare anche di Zawadzki, di Smuglewicz e di Hempel, ma rimando i lettori interessati alla lettura dell'opera di Loret. [Jacqueline Spaccini, Roma 27/08/2017]

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Il libro è consultabile a Roma presso la Biblioteca universitaria di Roma 3, Fondo Cellini collocazione FC 02643 (non risulta dal catalogo OPAC sbn)
e in tutti questi posti qui (cliccaci sopra)