lunedì 25 ottobre 2010

In omaggio a Vesna Parun, nel giorno della sua morte (25.10.2010)

Vesna Parun (1922-2010)


Per tutto ha colpa la nostra infanzia

Siamo cresciuti soli come piante
ed ora siamo esploratori
di contrade disertate dalla fantasia
ignorando l'obbedienza del male.

Siamo cresciuti per le strade
e con noi è cresciuta la nostra paura
degli zoccoli selvaggi che ci avrebbero schiacciati
e dei muretti dei campi che avrebbero diviso
la nostra gioventù.

Nessuno di noi ha tutte e due le braccia.
Due occhi indenni. Né un cuore
ove un grido non trovi riparo.

In noi entrava un mondo discorde,
feriva le nostre fronti
con il fragore delle sue verità omicide
ed il baccano delle stelle tardive.

Ci facciamo vecchi. E le fiabe vengono a noi
come un gregge una luce segue in lontananza.
E simili a  noi sono i nostri canti:
gravi* e tristi.


Vesna Parun, Za sve su kriva djetinjstva naša (Clicca sul titolo croato per consultare la poesia nella lingua originale)

Traduzione di Jacqueline Spaccini
Né sogno né cigno, Spring edizioni, 1999

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Nel libro avevo tradotto *appesantiti*

sabato 9 ottobre 2010

Insegnare, che passione!

Dedico questo post a tutti coloro i quali non hanno mai capito nulla dell'insegnamento, ne parlano dall'esterno e spesso e volentieri parlano a vanvera.

Grazie a Tiziana Jacoponi* autrice dell'articolo che segue, pubblicato sull'ultimo numero di FOCUS-IN (rivista italiana a Parigi):

Sono professore e me ne vanto…. 

 
(la prof.ssa e giornalista) Tiziana Jacoponi
Vorrei spezzare una lancia a favore degli insegnanti.
Vorrei cercare di rovesciare il punto di vista e parlare bene di chi lavora nella scuola. Parlarne male, lo fanno bene in tanti, del famigerato professore (la carogna del film "Notte prima degli esami"). A parlarne bene non ci prova nessuno: è assolutamente impopolare, siamo pazzi? Difendere i professori - noti fannulloni impreparati, sempre pronti a lamentarsi, categoria sociale riconosciuta solo o quasi elusivamente per le sue manchevolezze e mai per le sue innumerevoli prodezze.
Ovviamente, nessuno racconta mai del coraggio e della volontà che ci vuole per entrare in classe ed affrontare dai 25 ai 35 studenti che ti aspettano al varco. Se sbagli l’entrata in classe non è come a teatro, non puoi ripetere, sei condannato a vita e non potrai far loro cambiare idea. Credetemi molto peggio della cena di Natale con i parenti che si detestano….
Ammesso e non concesso che l’entrata in classe del prof sia un successo, rimane il punto nodale: come fare ad interessarli e farli segurie senza minacciare e senza urlare? Ripeto: sono tutti contro uno, anzi una, che deve saper dosare con maestria fermezza e simpatia. Ovviamente nessuno glielo ha insegnato, né le ha mai fatto vedere come si fa. Si impara sul campo e ogni giorno si modifica il tiro…
E non basta. Il professore deve sapere fare di tutto: deve essere performante, divertente, seducente, accattivante, anche sapiente, non troppo però altrimenti arriva puntuale - e cito testualmente - il “ e come mai fai la prof?”. Già come mai..
Missionari, se reinterpretiamo il concetto di missionario in modo laico, alias insegniamo senza essere consapevoli di aver la vocazione ad insegnare.
Sicuramente insegnare non è un mestiere socialmente rilucente, né tantomeno monetizzabile… Infatti si tace, o si omette di raccontare del tempo che si passa a correggere compiti, preparare lezioni, partecipare ad infinte riunioni di programmazione, per non parlare dei consigli di classe, in cui si viene puntualmente attaccati per non aver rispettato il programma o non aver valutato in maniera idonea lo studente … Nessuno inoltre mette mai in risalto le doti di ascolto che bisogna possedere per far fronte alla più disparate richieste, dall’essere un tuttologo dalal risposta pronta al diventare due secondi dopo una sorta di psicoterapeuta passando per l’infinita pazienza che ci vuole per ascoltare discorsi incoerenti e a volte sgrammaticati. Purtroppo nessuno racconta mai la gioia che si prova quando uno studente si entusiasma per le versioni latine o per gli autori classici o, ancora meglio, sa fare le equazioni e si pone quesiti scientifici pertinenti che non hanno niente a che vedere con l’ufologia o i misteri dei templari… Eh sì! Nessuno ne parla mai perché insegnare non è un mestiere per quelli che vogliono brillare o per quelli che ancora credono che solo attraverso la conoscenza, lo studio, la continuità si abbiano in mano le chiavi per accedere al mondo del lavoro.
Ma voi avete mai incontrato un professore affermare spavaldamente: sono professore e me ne vanto? Pensereste che sia un pazzo o un invasato o uno che non è ancora entrato in ruolo. Come fai a vantarti se ti mancano i mezzi, gli strumenti e i luoghi per fare dignitosamente il tuo lavoro?
Avete mai pensato alla determinazione necessaria per affrontare quotidianamente, minuto per minuto, critiche e consigli da chi di scuola non ne capisce niente a cominciare dai ministri della Pubblica istruzione o meglio della pubblica distruzione..
Ma quale altra categoria lavorativa riuscirebbe a sopportare un così pesante carico morale e sociale senza ribellarsi? Solo i prof e coloro che lavorano nella scuola che fanno miracoli (l’ultimo film di Mereu lo dimostra): non demordono mai, neanche di fronte agli attacchi costanti, agli stipendi ridicoli e la mancanza di prospettive di carriera… Non solo: malgrado tutto ogni anno la scuola rinizia e va avanti
Ho un sogno chissà? magari un giorno si avvererà, una singolare forma di protesta. A turno, un giorno per volta, usando il passaparola si fermano tutte le scuole materne, il giorno dopo le elementari, poi le medie e infine le superiori... quando un ordine scolastico non funziona gli altri funzionano… ad oltranza... e allora forse si affronterà in modo concreto il problema scuola.
Buon anno professore.


* Tiziana Jacoponi è stata docente di italiano presso l'università di Paris I - Sorbonne

lunedì 4 ottobre 2010

Quando c'era la speranza



OLTRE IL PONTE

di Italo Calvino e Sergio Liberovici
 
O ragazza dalle guance di pesca,
O ragazza dalle guance d'aurora,
Io spero che a narrarti riesca
La mia vita all'età che tu hai ora.
Coprifuoco: la truppa tedesca
La città dominava. Siam pronti.
Chi non vuole chinare la testa
Con noi prenda la strada dei monti.
Avevamo vent'anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l'altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent'anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l'amore.
Silenziosi sugli aghi di pino,
Su spinosi ricci di castagna,
Una squadra nel buio mattino
Discendeva l'oscura montagna.
La speranza era nostra compagna
Ad assaltar caposaldi nemici
Conquistandoci l'armi in battaglia
Scalzi e laceri eppure felici.
Avevamo vent'anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l'altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent'anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l'amore.
Non è detto che fossimo santi, 
L'eroismo non è sovrumano,
Corri, abbassati, dài, balza avanti,
Ogni passo che fai non è vano.
Vedevamo a portata di mano,
Dietro il tronco, il cespuglio, il canneto,
L'avvenire d'un mondo più umano
E più giusto, più libero e lieto.
Avevamo vent'anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l'altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent'anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l'amore.
Ormai tutti han famiglia, hanno figli,
Che non sanno la storia di ieri.
lo son solo e passeggio tra i tigli
Con te, cara, che allora non c'eri.
E vorrei che quei nostri pensieri,
Quelle nostre speranze d'allora,
Rivivessero in quel che tu speri,
O ragazza color dell'aurora.
Avevamo vent'anni e oltre il ponte
Oltre il ponte che è in mano nemica
Vedevam l'altra riva, la vita,
Tutto il bene del mondo oltre il ponte.
Tutto il male avevamo di fronte,
Tutto il bene avevamo nel cuore,
A vent'anni la vita è oltre il ponte,
Oltre il fuoco comincia l'amore.





(Grazie ad Antonella B., l'amica ritrovata)
  

e GRAZIE anche a Bartleboom

domenica 3 ottobre 2010

Alan Zamboni, L'ultimo quadro di Van Gogh (recensione)

Alan Zamboni, L'ultimo quadro di Van Gogh, Infinito edizioni, 2010 (corredato da un CD musicale inedito), 15€. Prefazione di Pablo Echaurren. Introduzione di Roberto Bernardo. Postfazione di Ennio Calabria. Precisazioni di Alan Zamboni.  ISBN 978 88 89602 737


Il mistero Van Gogh

Ci sono giovani che hanno le idee ben chiare. Come per esempio Alan Zamboni. 
Il quale scrive un libro, che assomiglia a un romanzo, sull'amore che le persone portano all'arte, sull'amore che le persone portano ad altre persone, sull'amore in absentia.

Perché il protagonista di questo romanzo è assente. Voglio dire, non è presente in carne e ossa (dovrei dire in carta e inchiostro), e a un tratto è già morto, suicida. Parlo ovviamente di Vincent Van Gogh. Son gli altri che lo fanno vivere, pulsare lungo tutto il testo. Gli altri, il fratello Theo, la cognata Johanna, il rivenditore di tele e colori le père Tanguy, e persino la piccola Adeline  Ravoux (di cui non dirò nulla per non guastare il gusto della sorpresa finale). 

C'è un fil rouge che tutto tiene ed è il narratore senza nome, senza vero spessore, perché serve solo a narrare la ricerca di un misterioso quadro, l'ultimo di Vincent. Ma non è un giallo. E non c'è pathos.
C'è un'infinita tenerezza, tuttavia.



photo by  ©Jurjen Drenth (flickr.com)
Questo libro è innanzitutto un percorso.  Ed è probabilmente il risultato di una lettura approfondita delle lettere e/o di uno scritto coevo a Van Gogh sull'ambiente dell'epoca (ci sono fin troppi riferimenti precisi a luoghi e cose che non esistono più). Non è una critica negativa, la mia. Al contrario.

Consiglio la lettura di questo libro di Zamboni a tutti coloro che volessero entrare nel mondo del pittore olandese: è ricco di aneddoti, di particolari, cerca di spiegare la grandezza della sua pittura che all'epoca non doveva apparire tale - un po' come accadde al Ligabue italiano (Antonio, ovviamente). 

A chi come me conosce bene quanto sopra, farà piacere il bell'italiano dell'autore; un po' meno quel suo dover tutto giustificare. Quel desiderio di completezza. Garantisco che non ce n'è bisogno: il lettore capisce tutto anche senza spiegazioni dappertutto. E poi lasciamolo cercare un po' anche da sé, il lettore, no?


photo by ©Jacqueline Spaccini


Ho ascoltato il CD annesso per ultimo. Belli  tutti i brani strumentali, particolarmente evocativo il brano n. 14 (ma mentre lo scrivo, già faccio torto ad altri brani: il 2, l'8, il 16). Suggestivamente calda la voce (umana e strumentale) di Angel Galzerano. 

E insomma, bravo, Alan Zamboni, bella idea: ascoltando il cd sono tornata alla pioggia di un anno fa, quando mi trovavo ad Amsterdam e ripensavo alle belle lettere di Vincent, scritte in un francese pressoché perfetto, tutte piene dei suoi disegni. Così sicuro, lui, della sua arte e di quel che voleva fare.

Un po' come l'autore di questo libro.

[Jacqueline Spaccini, Saint-Cloud, le 3 octobre 2010]

photo by ©Jacqueline Spaccini