domenica 23 settembre 2012

La rimpagliatrice di Maupassant



UNA NOVELLA DI GUY DE MAUPASSANT



La rimpagliatrice (ovvero, in lingua originale, La Rempailleuse) è una novella di Guy Maupassant pubblicata nel 1882 e appartenente al ciclo «Racconti della Beccaccia» (Contes de la Becasse).

foto prelevata dal sito www.3emme.it

Testo efficace, crudo e crudele, come sempre nello stile di Maupassant.

È la storia (come anticipa il titolo stesso) di una umile rimpagliatrice, cioè una di quelle artigiane - come forse oggi non ne esistono più - che si spostavano di città in città (o meglio da una cittadina all'altra) offrendosi di restaurare le sedie di paglia,  sostituendo o aggiustando la paglia che ne costituisce la base (dove poggiano i nostri glutei, insomma).

Secondo uno stile che rimanda sottilmente alle novelle decameroniane, la novella si apre su un argomento attorno al quale, alla fine di una cena presso un marchese di Bertrans, si sviluppa ben presto una discussione animata tra gli ospiti, undici uomini, otto donne e il medico del paese chiamato a fare da arbitro.


L'argormento è: 
si può amare una sola volta nella vita oppure più volte? 

Due partiti sostenitori dell'una o dell'altra tesi si oppongono ferocemente. Le donne sono piuttosto inclini alla tesi dell'unico grande amore, gli uomini - con in testa il padrone di casa - ritiengono che coloro che si sono tolti la vita per colpa di quell'unico amore disgraziato, se non avessero compiuto un atto così  idiota, si sarebbero ben presto innamorati di nuovo.

Come per l'alcolizzato, qui a bu boira, qui a aimé aimera; insomma, chi ha bevuto berrà di nuovo e chi ha amato di nuovo amerà, sentenzia e chiosa il marchese di Bertrans.

Guy de Maupassant
Tutti chiedono allora il parere, l'opinione che tranci il responso finale, all'uomo di mondo, il medico parigino che si è ritirato a vivere in campagna... il quale, però, non ha nessun'opinione tranchante in merito.
Dà ragione al marchese (è questione di temperamento), ma poi afferma di aver conosciuto un evento che darebbe ragione alle signore: una passione durata 55 anni, senza aver conosciuto battute d'arresto.  

Si permette dunque di raccontarne la storia che ha come protagonista una  rimpagliatrice. Era una donna che passava una volta all'anno da quelle parti, nei pressi del castello del marchese, una donna da sempre perdutamente innamorata del farmacista del borgo, M. Chouquet. Sicché tutti conoscono i due.

Seguono piccole, brevi e quasi soffocate, esclamazioni di disgusto (una rimpagliatrice, puah!), come se l'amore per essere tale dovesse toccare in sorte solo a coloro che appartengono ai ceti più abbienti.

Chiamato al suo capezzale e designato quale esecutore testamentario, il medico si sente narrare dalla donna agonizzante la sua vita che racconta ai commensali.

* * *

La storia ha inizio quando la nostra protagonista è appena una bimbetta, al seguito dei suoi genitori, sorta di gitani itineranti che viaggiano continuamente portandosi appresso una carrozza, una mobil home ante litteram (di cui questa è senz'altro una versione ridotta del 1907).

La sua figuretta cenciosa strappa talvolta qualche soldino al borsellino delle signore più caritatevoli e altre volte si fa lanciare addosso una gragnuola di ciottoli da ragazzini perbene. Quando tutto fila liscio, il padre la chiama furfantella e la gente del borgo stracciona. E questo è il massimo di affetto che la bimba conosca. 

Un giorno, all'età di 11 anni, passando dietro al cimitero del villaggio, la bimba intende piangere il nostro Chouquet, all'epoca bimbetto, che piange perché un compagno gli ha sottratto due monete per il valore di mezzo soldo. La bimba, commossa, regala al piccolo tutto quel che ha: 7 soldi, e lo bacia e lo abbraccia. L'altro si lascia fare, tutto intento com'è a contemplare quel tesoro. La ragazzina rimane talmente colpita da quel fanciullo che comincia a sottrarre denaro ai suoi genitori, fino a mettere da parte la bella somma di 2 franchi. Ma quando vorrebbe donarli a colui che occupa ormai la mente e il cuore, quello se ne sta tutto impettito nella bottega del padre, dietro al bancone. E lei lo può guardare solo di lontano.

Un anno dopo, lo rivede, nel cortile della scuola, e lo bacia subito. In cambio, gli regala 3,20 franchi. Lui li guarda e si lascia fare. La ragazzina è felice. 
 Così continuò nei 4 anni successivi: il denaro (finanche 5 franchi!) le consentiva di baciare l'oggetto del suo amore. 

Passa il tempo e il ragazzo viene inviato in collegio. La giovane non lo vede più. Dopo tre anni, riesce a scorgerlo, al paese, durante le vacanze scolastiche. Ma lui che cammina impettito nella sua giubba coi bottoni d'oro, finge di non vederla.  E tira innanzi.

Pianse la giovane. Cionondimeno, ogni anno tornava a rivederlo. E lui ogni anno fingeva di non riconoscerla. Un muro impenetrabile, era diventato.

L'unico uomo che abbia visto in vita mia, dottore - racconta la malata sul letto di morte - se ve ne fossero altri, io non me ne accorsi mai.

I genitori morirono e la donna continuò il loro mestiere, prendendo con sé due cani a sua difesa.
Una sera, tornando nel villaggio in cui era rimasto il suo cuore, passò davanti alla bottega del farmacista e lo vide uscirne con una donna al braccio. Si era sposato!

Non ci pensò su un minuto e andò a gettarsi nello stagno che stava sulla piazza del paese, volendo por termine alla sua vita.

Salvata da un ubriacone e condotta esanime nella bottega del farmacista, venne da questi rianimata e così apostrofata: «Pazza siete! Bisogna esser idioti per fare una cosa del genere!».

Per il solo fatto che le avesse rivolto la parola, la poveretta guarì e per molto tempo fu felice.

Si contentò, anno dopo anno, di recarsi nella bottega di lui e acquistargli medicine varie, continuando così a pagarlo senza più nulla pretendere, se non un suo fuggevole sguardo.


Il medico interrompe il suo racconto e annuncia ai commensali che la rimpagliatrice è morta nella passata primavera, lasciando a lui il compito di rimettere in eredità al farmacista le economie fatte in tutta una vita.
Recatosi l'indomani nella casa di quell'uomo così tanto amato e trovandolo nell'atto di pranzare con la sua sposa, raccontò loro tutta la triste storia, immaginando la loro pena nell'ascoltare la vicenda.

Ma la pena fu di diverso tipo: il farmacista e sua moglie furono disgustati dai sentimenti di quella «pezzente» e l'uomo si sentì addirittura insozzato nell'onore che, se lo avesse saputo, l'avrebbe fatta arrestare immediatamente fino a non farla uscire più di prigione, in fede sua!

Stupefatto, il medico era comunque in dovere di compiere la sua missione.
Dice loro che la povera donna ha lasciato al farmacista tutti i suoi averi, i quali ammontano a 2300 franchi. Tuttavia, vista la spiacevolezza della cosa, tale denaro sarebbe forse più opportuno donarlo ai poveri...

I due si guardano. Il medico estrae il gruzzolo, composto di monete di tutti i tipi e di tutte le contrade della Francia, e attende il responso. Ma ecco che i due decidono di accettarlo, quel vile denaro, «giacché sono le sue ultime volontà, difficile sarebbe rifiutarlo». Acquisteranno qualcosa per i bimbi, forse, dicono. 

Consegnato il denaro, il medico se ne va.
L'indomani, riceve la visita del farmacista, il quale gli chiede conto della carrozza della rimpagliatrice. È sua, se la vuole, risponde il medico. Allora l'altro la prende, per il suo orto, ma rifiuta i cani e il vecchio cavallo di cui non ha bisogno alcuno.

Con i 2300 franchi il signore e la signora Choquet acquisteranno  cinque obbligazioni delle ferrovie.

* * *
L'unico vero grande amore che il medico aveva incontrato nella sua vita era quello della rimpagliatrice verso il farmacista.
1925 ca.


JSpaccini©2012





venerdì 7 settembre 2012

Il metodo di Konstantin Sergeyevich Alekseyev Stanislavskij

 AVVERTENZA: Gli stralci del libro sono da me tradotti dal francese all'italiano. I nomi russi sono per così dire «francesizzati». Il titolo italiano traduce perfettamente l'originale russo (pressappoco: Rabota aktera nad rolju) ed è Il lavoro dell'attore sul personaggio (Laterza editore). Io utilizzo l'espressione costruzione del personaggio, che trovo essere per davvero calzante, rimanendo in questo modo più vicina al testo francese.
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ELIA KAZAN
  Si è fatto sempre un gran parlare dell'Actor's Studio, vale a dire del metodo che moltissimi attori di fama internazionale mettono in pratica, rifacendosi alla scuola che fondò il regista Elia Kazan nel 1947 (nel 1951, Lee Strasberg ne assunse la direzione e la mantenne fino all'anno della sua morte, avvenuta nel 1982).
Ancora oggi, quando si rimarca la bravura di un attore dell'Actor's Studio, si fa notare che deve tutto agli insegnamenti ricevuti, vale a dire al metodo appreso presso tale scuola. I nomi più prestigiosi? Non c'è che l'imbarazzo della scelta e prelevo direttamente la lista di allievi famosi da wikipedia (clicca qui). Per i più pigri, ne metto qualcuno qui di seguito, alla rinfusa: Meryl Streep, Robert De Niro, Susan Sarandon, Marlon Brando, Julia Roberts,  Harvey Keitel, Glenn Close, Dustin Hoffman, Nastassia Kinskij, Al Pacino, Lauren Bacall, Sean Penn, Ann Bancroft, Tom Hanks, e così via.

Non tutti sanno però che il metodo dell'Actor's Studio si rifà in tutto e per tutto al metodo Stanislavski. Un russo. Ma chi era costui?
Konstantin Sergeyevich Alekseyev Stanislavskij nacque a Mosca nel 1863 dove morì nel 1936, alla rispettabile età di 75 anni.

Innanzitutto, fu un attore. Un giovane e volenteroso attore, proveniente da una famiglia agiata. Fu successivamente un regista e infine professore di arte drammatica russa. Tutte notizie che si trovano facilmente in rete e sulle quali non mi soffermerò.
È l'autore di 2 libri imprescindibili per chi voglia fare (o faccia di già) l'attore, l'attrice. Nessuna importanza che la recitazione sia a livello amatoriale o con maggiori ambizioni.

Si tratta di 1) Il lavoro dell'attore su sé stesso e di 2) Il lavoro dell'attore sul personaggio.

Konstantin   Stanislavskij foto ©pubblico dominio


 Tra l'altro sono due libri di godibilissima lettura. Due libri che tuttavia sconsiglio a chi non abbia mai recitato in vita sua da un palco teatrale perché non «parlerebbero» così intimamente all'interprete (o artista, dipende) che si è.

Voglio soffermarmi sul secondo libro, più completo, e che fu pubblicato postumo, nel 1957 (il primo è, nella versione francese, pubblicato nel 1936). 

LA COSTRUZIONE DEL PERSONAGGIO assomiglia a un diario, è scritto alla prima persona (il protagonista è Kostya, giovane attore ancora alla scuola di Tortsov. In realtà, il regista (più insegnante che regista) Tortsov mette in pratica il metodo Stanislavski, quello - appunto - che verrà ripreso dall'Actor's Studio americano.

 Leggiamo insieme qualche breve passaggio.
jaquette

La storia. Il giovane Kostya è stato incaricato - così come i suoi compagni di studio - di iniziare la costruzione del suo personaggio fisicamente. E di cominciare dal costume di scena.

 Sicché Kostya e gli altri aspiranti attori  (Gricha, Sonya, Dacha, Nicolas e Vanya) si recano nelle grandi sale piene zeppe di costumi teatrali per trovarne uno - e con quello anche l'ispirazione. I suoi colleghi trovano facilmente un costume che rappresenti per esempio: il dandy, l'aristocratico, il soldato, il mercante, etc. Kostya viene attirato da una *jaquette moisie* (dice il testo francese), vale a dire da una giacca con una qualche pretesa (una sorta di redingote di giorno, che vuole gilet e pantaloni coordinati), ma la sua è ammuffita, una sorta di vecchia marsina, insomma.


Kostya ha come compito quello di creare un personaggio a partire dagli abiti di scena che indosserà, avvicinarlo a modo suo, servendosi di ciò che è in lui, delle osservazioni che ha potuto fare nel corso della sua vita su quel tipo di persona (che il personaggio rappresenta), prendendo ciò di cui ha bisogno nella vita vera o immaginaria, seguendo il proprio intuito, esaminando sé stesso e/o esaminando gli altri. Quel che non deve fare è perdere la propria identità, il proprio io interiore (traduco dal francese). Per fare ciò ha 3 giorni a disposizione.

Passano i giorni e Kostya vuol gettare la spugna: non riesce a entrare nel personaggio. Ogni tanto ha degli sprazzi di inventiva, flash che gli rimandano un'idea che però non si posa e pertanto Kostya è sempre più abbattuto. Ormai sempre più  nervoso e turbato, si chiede quale personalità potrà mai indossare quella marsina consunta...

foto di Federico Patellani
E poi a un tratto, piano piano, ma costantemente, si accorge che qualcosa in lui cambia: si accorge che la sua camminata si fa più esitante, più obliqua, le giunture sono meno agili, le ossa più fragili. Per camminare, gli occorre un bastone. I capelli (della sua parrucca) li rende più agglutinati, come appiccicati da una mancata regolare pulizia, stropiccia le mani in un modo incartapecorito, la voce gli si fa più dura e trascinata, poi rauca, con tutta una acredine che sa di vita fallita e un'animosità che non fa sconti a nessuno.

Si presenta davanti al suo regista, Tortsov, che lo attacca, lo insulta (non il Kostya studente, bensì il Kostya trasformatosi in vecchio critico saccente) e lui - che solitamente è timidissimo -  inizia a rispondere du tac au tac, botta e risposta (metto solo le battute finali):

Tortsov: Canaglia! Lurido parassita! Lei è un pidocchio, una sanguisuga...
Kostya alias vecchio Critico: Mio dio, che linguaggio! Che mancanza di sangue freddo!
Tortsov: Tu, verme schifoso...
Konstantin  Stanislavskij © wikipedia


Kostya alias vecchio Critico: Ma bene, anzi, benissimo! Sappia che lei non potrà liberarsi di me, della sanguisuga. Si ricordi che non c'è sanguisuga senza l'acqua. E quando c'è l'acqua, ah, quante sanguisughe! Molte, moltissime! Impossibile sbarazzarsi di loro. Impossibile sbarazzarsi di me!
Tortsov allora esitò un istante, poi mi afferrò e mi tirò a sé, abbracciandomi affettuosamente:
Ottimo lavoro, giovanotto, disse.

E via dicendo.

***

Ecco di seguito un link che rinvia a un bel documentario di Marco Rossi e  Marco Evola, che riguarda il lavoro dell'attore sull'attore:  parte 1. E qui di seguito, il video della parte seconda (incentrato soprattutto sul lavoro di Robert De Niro quando impersonò Jack La Motta nel celeberrimo film Toro scatenato) degli stessi autori. Raccomando anche la visione della terza parte del video, dedicato a Shining:
 
Parte II Toro Scatenato