lunedì 16 settembre 2013

La Strada di Federico Fellini non è un film neorealista

foto by www.critikat.com

La Strada  è il film che di  Federico Fellini preferisco.  Nel 1954 partecipa alla Mostra del Cinema di Venezia, ricevendo  il Leone d'argento (senza avere però un successo di pubblico). Poi all'estero, ottiene un grande esito a Parigi,  e nel 1957, La Strada vince a Hollywood l'Oscar per il miglior film straniero, ma è ugualmente candidato per la migliore sceneggiatura originale (Fellini e Tullio Pinelli), nello stesso anno in cui Zavattini lo è per Umberto D. (miglior soggetto). Candidato non vincitore (è l'anno de Il Re e io e del Giro del mondo in 80 giorni).

Vista l'epoca (1954), l'etichetta che immediatamente si incolla al film è quella di pellicola neorealista. Ma quest'artista non lo è per nulla, anche se ha lavorato con Roberto Rossellini (se è per questo anche Truffaut è stato assistente alla regia di Rossellini). Fellini non lo è stato mai, neorealista, e a questo film  se proprio vogliamo affibbiare un genere, attribuirei quello di realismo visionario, come si è fatto per i romanzi di Balzac.

Ma torniamo al film.

www.tumblr.com
Innanzitutto, il titolo. Non è un caso, non è un omaggio, il fatto che La Strada rimanga come titolo invariato anche nelle altre lingue. Non è solo una questione di moda. È soprattutto una questione di significati. 
Il termine strada in italiano è polivalente.

Nel significato 1 è sì il selciato, il percorso più grande di una via, quello che conduce spesso fuori città e/o che congiunge la città con l'esterno (la route francese), più larga e soprattutto più lunga di una via (fatta eccezione per le vie consolari romane).
 Ma nel significato 2 si passa subito al senso metaforico di questa parola: strada come ambiente rude perché all'aperto e quindi privo di protezione: vivere per la strada (a), essere in mezzo a una strada (b), una donna di strada (c), darsi alla strada (d)... tutte locuzioni che sottendono un elemento negativo, la strada appunto: per cui si è vagabondi (a), poveracci (b), puttane (c) , briganti (d)...
Fortuna vuole che nel significato 3 e 4 strada sia anche «riferimento a cammino ideale, a indirizzo, impostazione di vita» (Treccani).

www.allocine.fr

Nel nostro film però - perlomeno all'inzio - la strada è quella che si incontra vivendo all'aperto con tutti i disagi di una vita povera e vagabonda, artista a latere se di arte si tratta: Zampanò (Anthony Quinn) è una sorta di saltimbanco da fiera che ripete sempre lo stesso rituale, la sua assistente Gelsomina (Giulietta Masina) annuncia con tromba o tamburo (l'ormai mitico): È arrivato Zampanò!

dal sito www.gonemovies.com 

Non sto qui a raccontare la trama del film. Il film va visto in santa pace. Sto qui a dire: guardate la poesia che c'è in questa pellicola, andate oltre la storia aneddotica che racconta poco o niente. Guardate il senso profondo di questo film che io interpreto in altro modo dalla visione puramente neorealistica.

Ci sono due modi per interpretare la vita: il primo è quello di Zampanò, un uomo rude, istintivo che non riflette (glielo rimprovera costantemente Gelsomina), perché non vuol provare niente che sia altro dai gusti tangibili della vita (mangiare bere uomo donna). La sua visione iper-realistica e anaffettiva lo conduce a essere solo, e con l'età che avanza a essere schernito quando la sua forza verrà meno. Non tiene in considerazione i sentimenti che (malgrado tutto) nasceranno in lui verso la povera demente Gelsomina.
Il secondo modo è quello di Gelsomina, donna-bambina, che vive la vita reale in disparte, e in parte ammaestrata, ma che ha una visione altra: cioè lei vede l'invisibile. Ricordate la frase del Petit Prince di Saint-Exupéry? 

(Gelsomina osserva il Matto funambolo della corda)
On ne voit bien qu'avec le cœur. L'essentiel est invisible pour les yeux
(Si vede bene solo col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi)

Il che non equivale a dire che si è felici, vedendo col cuore. 



 (Gelsomina saluta la suorina)
Comunque vada, non c'è salvezza. A esser ipersensibili, si fa una triste fine. A essere iposensibili, pure. Come al solito, bisogna rimboccarsi le maniche e trovare il giusto mezzo, la strada tra cielo e terra, calibrare, scemare, ridurre, e poi aumentare, salire di grado, lasciarsi andare, per poi controllare, e sognare. Tentare di trovare il proprio posto in questo mondo. Come esprimono il volto e le parole della suorina (cambiamo convento ogni due anni così non ci attacchiamo alle cose del mondo) a una Gelsomina dagli occhi troppo tondi di clown meravigliato e la sua faccia da carciofo.

Un film sul senso della vita, La Strada. Ed ecco che alla fine raggiunge anche il significato 3 e 4 di strada come cammino di vita.

Dice Il Matto (Richard Basehart) a Gelsomina:


- Io sono ignorante, ma ho letto qualche libro. Tu non ci crederai, ma tutto quello che c'è a questo mondo serve a qualcosa. Ecco, prendi quel sasso lì, per esempio.
- Quale?
- Questo... Uno qualunque... Be', anche questo serve a qualcosa: anche questo sassetto.
- E a cosa serve?
- Serve... Ma che ne so io? Se lo sapessi, sai chi sarei?
- Chi?
- Il Padreterno, che sa tutto: quando nasci, quando muori. E chi può saperlo? No, non so a cosa serve questo sasso io, ma a qualcosa deve servire. Perché se questo è inutile, allora è inutile tutto: anche le stelle. E anche tu, anche tu servi a qualcosa, con la tu' testa di carciofo.

Gelsomina e il Matto  filipaqueiroz.wordpress.com
Tutto è utile anche questo sasso. Se questo sasso è inutile, allora tutto è inutile. Anche le stelle.