domenica 12 giugno 2011

Lavorare un personaggio (a teatro)

TEATRO AMBRA JOVINELLI appartenuto alla famiglia di mio marito
interno dell'attuale teatro Jovinelli

Solo di recente, da quando pratico il teatro, in qualità di attrice, mi sono resa conto che esistono 2 modi di «lavorare» un personaggio. Un personaggio che non abbia nulla in comune con noi stessi, voglio dire.

Faccio un esempio personalissimo: dopo mesi di preparazione, domenica 19 e lunedì 20 giugno vado in scena al teatro ECLA di Saint-Cloud con un personaggio importante, quello di una madre.

La mia è une mère abusive, si dice in francese; una madre scorretta, esigente, colpevolizzante, che usa il suo potere sulla figlia, la castra, la domina, vuole che faccia quel che lei vuole. 
Per esempio che diventi bella (quando la poverina non lo è affatto e/o non è interessata alla cosa). 
Una madre che vorrebbe nella figlia una replica di sé. 
Insomma, avete capito il tipo.

Depardieu (metodo Stanislavskij)
Ruolo molto interessante e quanto mai lontano dalla mia persona (sono una madre cool, non avendo ancora  rotto il legame con l'adolescenza, tendo a immedesimarmi nei sentimenti del figlio).
Quanto mai lontano ancor di più, dalla mia di madre, che è stata (ed è) agli antipodi.

E dunque, come recitare tale ruolo? 
Come poter essere una convincente madre «abusiva» che pretende di accamparsi nella vita di una figlia a suo dire banale?

Gilles, il regista dello spettacolo, mi aveva dato due possibilità: o ispirarmi a una persona di mia conoscenza (me, mia madre, una madre simile) oppure pensare: Se io fossi una madre del genere, come sarei? (il famoso metodo Stanislavskij). 

Auteuil (avvicina a sé i personaggi)
Scartata la prima opzione, per i motivi che ho detto sopra, non credo di essere riuscita pienamente a mettere in opera la seconda. Non lo volevo. Sì, certo quando sono in scena ricreo il flusso interiore del mio personaggio, però...

Sennonché, ho trovato una terza via: avvicinare il personaggio alla mia persona.
Pur avendo un testo terribile, in cui la madre non fa di certo una bella figura, l'intonazione che ho cercato di dare è stato quello di una madre sinceramente disperata per l'avvilimento fisico e spirituale della figlia.
Una madre che sbaglia pensando di fare bene, di volere il meglio per la figlia, perché questa sua deludente e sconfortante figlia, lei, la ama.

Il mio pezzo aveva per titolo La mère abusive. Ora invece si chiama La mère lumineuse.
Insomma, non tutto è scontato. Neppure sul palcoscenico.

venerdì 10 giugno 2011

VIDEO COMPAGNIA DELLE POETE A FORTE FANFULLA (ROMA)

14 minuti del nostro spettacolo su 60. Mi si vede (più che altro mi si sente: ho una luce sparata sul viso) in alto, sulla mezzanine, un poco.  Giusto l'inizio di una poesia (la prima). Un altro poco sulle scale. E poi alla fine.
Ma vi darà una certa idea di insieme.
E grazie a Luca De Cristofaro, realizzatore del video.