giovedì 23 giugno 2016

Quadri per arredare... un romanzo










Utilizzare quadri per creare lo sfondo di un romanzo ovvero: come usare l'arte per «arredare» un romanzo

di Jacqueline Spaccini











Quando un autore ambienta il suo romanzo in un'epoca passata ha spesso l'obbligo di documentarsi storicamente non solo sugli ambienti, ma anche sugli abiti e gli oggetti.
Ma se questo stesso scrittore ricorre a quadri del periodo prescelto, di quelli che descrivono atmosfere, persone,  animali e ambienti di quell'epoca lontana, egli vedrà il suo compito di molto facilitato: basterà infatti che faccia prima una selezione di dipinti e che poi si metta a descrivere quel che vede.
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Facciamo un esempio:
In Oceano Mare (1993) di Alessandro Baricco, leggiamo che una delle protagoniste Anne Deverià passeggia lungo la spiaggia insieme con Elisewin, una ragazzetta di sedici anni con il suo ombrellino bianco.


Sai cos'è bello qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. ma domani, ti alzerai, guarerai questa grande spiaggi e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. [...]
Si parla nel romanzo di una località, Skagen. Esiste e si trova in Danimarca.
C'è anche una pittrice famosa di Skagen che si chiama Anne Ancher (come uno dei personaggi di Oceano Mare)
E allora è probabile che la passeggiata che Baricco descrive diffusamente nel romanzo, sia ispirata a questo quadro di Peder S. Kroyer, Mattino d'estate sulla spiaggia di Skagen (1893).

Del fatto che Baricco abbia nascosto tanti quadri all'interno del suo romanzo più famoso, scrissi diffusamente sulle pagine di Stilos, supplemento del quotidiano La Sicilia, nel 2000 e poi l'ho riportato fuggevolmente anche qui, su questo blog.










Non bisogna credere però che soltanto la letteratura ricorra a questi stratagemmi. in questo caso, il cinema la fa da padrone: si pensi solo al Francesco Hayez rielaborato in  Senso di Luchino Visconti (clicca qui).

In genere, però, i dipinti entrano nei romanzi in altri modi.
Vediamone uno poco noto.
Mi riferisco a un racconto di Daniele del Giudice, Nel museo di Reims, pubblicato per Mondadori nel 1988 (ripubblicato nel 2010 da Einaudi)












Il romanzo è interamente basato sulla descrizione di quadri. Grazie a un escamotage: il personaggio principale che è anche il narratore, è quasi cieco.
Si ricorda (e vuole rivedere), per esempio, di una tela amata, quella di Delacroix che ha per tema Desdemona (quella di Otello, per intenderci) e il padre di costei, furioso per la scelta amorosa della figlia che è fuggita col Moro, si è con lui congiunta e sposata. Ora nel quadro ella implora il perdono paterno e lui, il padre, la maledice.
Vedo il vestito scuro rigonfio, vedo l'incarnato bianco subito sopra il seno, vedo i capelli lunghi scarmigliati, vedo lei che solleva un braccio e incontra il braccio del padre.
[...] il padre mi appare confuso forse ha le mani per respingere la figlia, forse la sta maledicendo [...]. Che cosa ricorderò di questo quadro? Il fatto che una donna chieda di essere tollerata e amata dal padre così com'è, anzi proprio perché è così?
Il protagonista del racconto di Del Giudice, si chiama Barnaba e si trova in un piccolo (ma incantevole) museo francese. Distingue in maniera sfocata i particolari dei dipinti, quindi occorre che qualcuno gli descriva i quadri (e questo è un secondo escamotage dell'autore per introdurre un secondo personaggio, una donna, affinché il monologo diventi un dialogo), perché lui non può (o non può più) vederli.











Tuttavia, questa stessa trovata dà adito a un interrogativo: saranno proprio così, i quadri descritti? Viene introdotto il tema della menzogna.
Il fatto è che i quadri di questo museo hanno tutti un rapporto psicologico col protagonista del racconto e quindi sono incaricati di spiegare il rapporto conflittualedi Barnaba col padre, ma anche il senso di colpa che il giovane si porta appresso: prima quando incontra durante la visita al museo il dipinto di Edouard Chaise dal titolo Le figlie di Pelia chiedono a Medea il ringiovanimento del padre
(clicca qui per vedere il quadro)









e poi, soprattutto, quando si trova davanti al quadro di Théodore Chassérieu, Lo spettro di Banquo.











Gli insegnanti approfitterano a questo punto delle due citazioni precedenti per rievocare il mito di Medea e la storia di Banquo.

Sembrerebbe dunque che i quadri,oltre a ispessire la materia del narrare, abbiamo anche una funzione di certo non terapeutica, ma sicuramente epifanico,anzi di agnizione.
Avrebbe dunque ragione la psichiatra Graziella Magherini dell'ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, la quale nel 1977 ha coniato il termine LA SINDROME DI STENDHAL, per un particolare malessere che provano le persone davanti a uno specifico quadro.











Al molto da approfondire - e ce n'è - non posso dedicare altro tempo, per oggi.

Vi lascio con la lettura di una novella di Antonio Tabucchi, La traduzione, tratta da I volatili del Beato Angelico (1987).
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È una splendida giornata, puoi starne certo, anzi, direi che è estate, è impossibile non riconoscere l’estate, lascia che te lo dica, io me ne intendo. Vuoi sapere da cosa lo deduco, oh, beh, è facilissimo, come dire?, basta guardare quel giallo. Come sarebbe a dire? Dunque, stammi bene a sentire, hai presente il giallo? Sì, il giallo, e quando dico il giallo intendo proprio il giallo, che non è il rosso o il bianco, ma proprio il giallo, esattamente giallo. Il giallo, quello là a destra, quella macchia a stella di giallo che si espande sulla campagna come se fosse una foglia, un bagliore, insomma qualcosa di questo tipo, dell’erba seccata dalla calura, mi faccio capire? Quella casa pare proprio che stia sopra il giallo, che sia retta dal giallo. È strano che se ne veda poca, solo un pezzo, mi piacerebbe saperne di più, chissà chi ci abita, magari la signora che sta attraversando il ponticello. Sarebbe interessante sapere dove sta andando, può darsi che stia seguendo la carrozzella, forse il barroccino che si vede vicino ai due pioppi del fondo, dalla parte sinistra. Potrebbe essere vedova, dato che è vestita di nero. E poi ha anche un ombrello nero. Comunque quello le serve per ripararsi dal sole, perché ti ripeto che è estate, non ci sono dubbi. Ma ora vorrei parlare di quel ponte, anzi, chiamiamolo ponticello, è così grazioso, tutto fatto di mattoni, avanza con le fondamenta fino a metà del canale. Sai che ti dico? Che la sua grazia consiste in quel marchingegno di legno e corde che lo copre come l’armatura di una pensilina. Sembra un giocattolo per un bambino intelligente, hai presente quei bambini che sembrano degli ometti e che giocano sempre con i meccani o cose del genere, una volta se ne vedeva nelle case perbene, ora forse un po’ meno, comunque hai capito. Ma è tutta un’illusione, perché quel grazioso ponticello che apparentemente ruota con cortesia per lasciar passare i barconi nel canale, secondo me è una trappola bell’e buona. La vecchia signora non lo sa, poverina, nemmeno se lo immagina, ma ora muoverà un altro passo e sarà un passo fatale, credi a me, sicuramente metterà il piede su un perfido meccanismo, ci sarà un clic inavvertibile, le corde si tenderanno, le assi sospese a leva si stringeranno come mandibole e lei resterà lì dentro come un topo, nella migliore delle ipotesi, perché nella peggiore tutte le sbarre che uniscono le assi, quelle pale un po’ sinistre, se ci pensi bene, scatteranno per combaciare con esattezza millimetrica e lei, zàcchete, resterà schiacciata come una frittella. Il vetturale non se ne accorgerà neppure, magari è anche sordo, e poi quella signora non gli interessa niente, credi a me, lui ha altro a cui pensare, se è un contadino penserà alle vigne, i contadini pensano solo alla terra, sono abbastanza egoisti, per loro il mondo finisce col campicello; se è un veterinario, perché potrebbe anche essere un veterinario, sta pensando a qualche vacca malata nella fattoria che deve trovarsi là in fondo, anche se non si vede, le vacche sono più importanti delle persone per i veterinari, ognuno fa il suo mestiere a questo mondo, cosa ci vuoi fare, e gli altri che si arrangino. Mi dispiace che tu non abbia ancora capito, ma se ti sforzi sono certo che ci arriverai, tu sei una persona intelligente, non ci vuole poi molto a indovinare, o meglio, forse ci vuole un po’, ma mi sembra di averti dato sufficienti informazioni; ti ripeto, probabilmente devi solo collegare gli elementi che ti ho fornito, ad ogni modo guarda, il museo sta per chiudere, vedo il guardiano che ci sta facendo dei cenni, questi guardiani non li sopporto, hanno sempre una spocchia che non ti dico, ma semmai torniamo domani, tanto anche tu non è che abbia troppe cose da fare, no?, e poi l’impressionismo è affascinante, ah, questi impressionisti, così pieni di luce, di colore, dai loro quadri viene quasi un profumo di lavanda, eh sì, la Provenza… io ho sempre avuto un debole per questi paesaggi, non ti dimenticare il bastone, sennò poi qualche automobile ti investe, l’hai appoggiato qui a destra, un po’ più in là, a destra, ci sei quasi, ricordati, a tre passi sulla nostra sinistra c’è un gradino.










Allora, avete trovato?

Compito per gli studenti.
Scegliete uno dei quadri qui di seguito proposti e utilizzatelo come meglio ritenete per scrivere una novella di minimo 3300 - max 4000 caratteri spazi inclusi
I quadri sono tutti di Edward Hopper.








venerdì 1 gennaio 2016

Una delle meravigliose poesie di Pedro Salinas