giovedì 6 novembre 2008

Diceva Pessoa: l'uomo è una carne intelligente malata...

Nota di lettura di Jacqueline Spaccini
su animale di Paola Turroni
(Rimini, Fara, 2001)


Ha scritto Pessoa che "l'uomo non è un animale: /è una carne intelligente, / anche se a volte malata".

Gli fa eco, ma un'eco distorta leggermente ricurva modificata, Paola Turroni: questo suo libro ci presenta uno zoo della vita umana, in cui chi più è vicino al senso primigenio dell'esistenza non può che essere "animale".

Paola Turroni

E non è un caso se, nella parola, ce n'è un'altra: "male". Il male, condizione prima fortemente fisica, diventa poi - inevitabilmente, viene da scrivere - nello scorrere delle pagine, metafisica, ontologica. Molto più che una sensazione nel lettore, il quale, mentre legge queste riflessioni-poesie, aspre e tenere allo stesso tempo, viene attirato spinto e infine propulso verso un inquieto malessere che via via si fa dolore, cui vano sarebbe ogni tentativo di fuga.

Paola Turroni ci offre, noi nonostante, un io intimo radiografato ai raggi "X", visioni erranti e dissociative/dissocianti del suo impossibile vivere in un solo mondo, quello condiviso da tutti, quello reale. Nell'io lirico convivono infatti due universi, come due sono le scritture di questa poetessa, come due sono le parti in cui è divisa la sua pagina. Provare a vivere in due mondi, quello degli altri e il proprio, quello invisibile agli altri, se è possibile, non può comunque essere facile: tutto ha un prezzo.

Continuerò a citare Pessoa, stabilendo in questo modo un arbitrario rapporto di specchio, condiviso e insieme rovesciato, tra il poeta portoghese e l'autrice di questo libro che non stento a definire altamente poetico, se poesia vuol dire ancora "creare", e con cio' stesso, fabbricare, mettere in forma. Il lusitano si ritrovava a dire: "lontano da me / in me esisto"; l'io di animale, lontano da sé, non sa - ma soprattutto non potrebbe - esistere: "un altro salto / segreto eterno / andare in giro / scrittrice leggera / mani di volo / io mi riprendo ora / istante eterno / tutta intera / tutto insieme, / amore e odio e niente."

La realtà, qui, arriva in blocco, in una sincronicità senza rimedio, che sembra escludere elementi di causalità, anche quando essi sono ben presenti ("ci sono cose che / sono state dilaniate / e altre che sono sparite / ci sono cose che non ci saranno più / - ho creduto a cose in cui crederò ancora / e immagini che è impossibile scordare"), perché riconoscerli sarebbe ammettere l'immanenza del passato nel presente e il presente è una galera che non dà tregua ("poi vengono i pensieri, ma già il futuro / dopo, è passato. / come le mattine dopo quelle notti un bacio sulla fronte e la doccia a / casa così, il presente, fatto di docce passate e futuri selvaggi"); attimo eterno, esso s'accompagna ad una morte (non solo fisica) che offre il suo braccio per il passeggio quotidiano.

Paola Turroni

"Scrivere è come camminare" - annota Paola Turroni. Scrivere è "scrivere tutto, crescere alberi"; scrivere è "difender[si] da una gabbia" per costruirne un'altra, darsi e farsi dare regole, seguirle. Scrivere è anche "l'impossibilita' di farsi vedere senza morire" (Pessoa scriveva: "morire è solo non essere visto"), per chi è senza pelle, ecorche' vif direbbero i francesi. Scrivere è, infine, non-parlare, "silenzio concreto", per chi è "fatta di terra e di vento tenuti insieme dalla saliva".
Scrivere è non parlare; il silenzio è un mutismo solo verbale se il poeta crede che anche senza saliva la parola esiste. Se gli altri parlano, il loro è "un rumore di chiacchiere / fritto coperto di zucchero a velo"; DiRe è allora sempre e sempre "Dies IRE". Ma anche, malgrado tutto, "desire".

Concludeva Pessoa: "Sì, scrivere significa perdersi, ma tutti si perdono, perché tutto è perdita. Però io mi perdo senza allegria, non come il fiume nella foce alla quale nacque ignaro, ma come la pozzanghera creata sulla spiaggia dall'alta marea, e la cui acqua, inghiottita dalla sabbia, non tornerà più al mare."
Cos'è, qui, la pozza di spiaggia? Forse il "bollettino medico", "prescrizione: l'ultima pastiglia"? La malattia che sembra tutto invadere fino a sostituirsi ad ogni ipotetica altra realtà (o realtà-altra)? O forse quei "discorsi lucidi sopra una coscienza scorticata dalle responsabilita'"?

Paola Turroni

Dice l'io poetante di Paola Turroni: "tutte le volte che mi sveglio è presente. / come fosse normale. / fare finta di svolazzarci sopra. Fare finta, fingere: anche in "normale" è contenuta la parola "male".
Fare finta, fingere: fingere è conoscersi, affermava Pessoa.
E forse la soluzione delle nostre umane angosce terrene è tutta qui.

Jacqueline Spaccini
Parigi, 13/06/2001

N.B. Le lettere minuscole dopo il punto, così come nel titolo, riproducono fedelmente le scelte (tipo)grafiche di Paola Turroni.

pubblicato su Faranews di Fara Editore

2 commenti:

Geraldo Maia ha detto...

Ciao Artemide,
Un blog molto interessante.
Un cordial saluto di Brazil:
Geraldo

Jacqueline Spaccini (Artemide Diana) ha detto...

Grazie, Geraldo.

Obrigada