giovedì 12 febbraio 2009

Le inchieste del commissario Maigret


Georges Simenon Il crocevia delle tre vedove. Milano, Adelphi, 1997 et sgg. Traduzione di Emanuele Muratori.


Credo che questa sia una delle inchieste più note del commissario Maigret: per chi la conosce sarà inutile (ri)leggersi il mio sunto; all'ennesima potenza, esso risulterà fastidioso per chi non l'avesse letto. Mi venga concesso allora di spostare l'interesse dall'intreccio narrativo ad alcune considerazioni di tipo psicoletterario.

Innanzitutto il personaggio. Abbiamo da anni due soli volti che impersonificano il nome Maigret: Jean Gabin e Gino Cervi (stendo un velo pietoso sulle interpretazioni più recenti che ne hanno dato Jean Richard et Bruno Crémer). Chi dei due è più Maigret?

Incolpatemi pure di partigianeria, ma leggetevi i romanzi e vi sfido a non riconoscere Gino Cervi (anche se Simenon gli preferiva Pierre Renoir, fratello del più famoso Jean).

Il Maigret gabiniano è isterico, non burbero; antipatico, non diffidente; del Pernod ha il ghiaccio, non il fuoco che ti scalda le membra. Insomma, il commissario concepito e fatto vivere da Simenon è sanguigno, buono e ingenuo come sa esserlo chi è rotto a tutte le esperienze.
E poi ve lo immaginate Jean Gabin sudaticcio e con rimasugli di croque-madame agli angoli della bocca?


In seconda analisi, il luogo. Inutile farsi illusioni: la Parigi di Maigret non esiste più, neanche a volerla falsificare, neanche a volerla ricreare a Eurodisney... Eppure è la Parigi che ancora oggi sogneremmo di scovare per un attimo, in una via, in un caffè (che fine avranno fatto le uova sode luminiscenti dei banchi di zinco?)...

In terzo e ultimo luogo, lo stile dell'autore: tutto dialoghi, nessuna introspezione psicologica. Dialoghi veri, di quelli che non ci vergogneremmo di leggere ad alta voce (non come quando si pensa: Dio mio, ma chi parla così?). Semplici: domanda-risposta, ipotesi e controipotesi. Sarà che Simenon non era un francese, bensì un belga, chissà?
Brevi dialoghi perché non si è tutti Dostojevskij o Tolstoj o Balzac o Manzoni.

E c'è una bellezza, una compiutezza sopraffina nella brevità, dono saggio e parsimonioso che non a tutti è dato. A volte si vorrebbe che le inchieste di Maigret fossero come certe soap opere americane che non finiscono - loro ahimè - mai. [Jacqueline Spaccini]

Pubblicato da Avvenimenti il 22.01.1997

All'epoca dimenticai di menzionare Andreina Pagnani, nel ruolo della moglie di Jules, la lorenese Signora Maigret (il cui nome di battesimo dovrebbe essere Louise). Splendida.

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