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Georges Simenon Il crocevia delle tre vedove. Milano, Adelphi, 1997 et sgg. Traduzione di Emanuele Muratori.
Credo che questa sia una delle inchieste più note del commissario Maigret: per chi la conosce sarà inutile (ri)leggersi il mio sunto; all'ennesima potenza, esso risulterà fastidioso per chi non l'avesse letto. Mi venga concesso allora di spostare l'interesse dall'intreccio narrativo ad alcune considerazioni di tipo psicoletterario.
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Innanzitutto il personaggio. Abbiamo da anni due soli volti che impersonificano il nome Maigret: Jean Gabin e Gino Cervi (stendo un velo pietoso sulle interpretazioni più recenti che ne hanno dato
Jean Richard et
Bruno Crémer). Chi dei due è
più Maigret?
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Incolpatemi pure di partigianeria, ma leggetevi i romanzi e vi sfido a non riconoscere Gino Cervi (anche se Simenon gli preferiva
Pierre Renoir, fratello del più famoso Jean).
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Il Maigret gabiniano è isterico, non burbero; antipatico, non diffidente; del Pernod ha il ghiaccio, non il fuoco che ti scalda le membra. Insomma, il commissario concepito e fatto vivere da Simenon è sanguigno, buono e ingenuo come sa esserlo chi è rotto a tutte le esperienze.
E poi ve lo immaginate Jean Gabin sudaticcio e con rimasugli di
croque-madame agli angoli della bocca?
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In seconda analisi, il luogo. Inutile farsi illusioni: la Parigi di Maigret non esiste più, neanche a volerla falsificare, neanche a volerla ricreare a Eurodisney... Eppure è la Parigi che ancora oggi sogneremmo di scovare per un attimo, in una via, in un caffè (che fine avranno fatto le uova sode luminiscenti dei banchi di zinco?)...
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In terzo e ultimo luogo, lo stile dell'autore: tutto dialoghi, nessuna introspezione psicologica. Dialoghi veri, di quelli che non ci vergogneremmo di leggere ad alta voce (non come quando si pensa:
Dio mio, ma chi parla così?). Semplici: domanda-risposta, ipotesi e controipotesi. Sarà che Simenon non era un francese, bensì un belga, chissà?
Brevi dialoghi perché non si è tutti Dostojevskij o Tolstoj o Balzac o Manzoni.
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E c'è una bellezza, una compiutezza sopraffina nella brevità, dono saggio e parsimonioso che non a tutti è dato. A volte si vorrebbe che le inchieste di Maigret fossero come certe soap opere americane che non finiscono - loro ahimè - mai. [Jacqueline Spaccini]
Pubblicato da
Avvenimenti il 22.01.1997
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All'epoca dimenticai di menzionare
Andreina Pagnani, nel ruolo della moglie di Jules, la lorenese Signora Maigret (il cui nome di battesimo
dovrebbe essere Louise). Splendida.
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