Giacomo Leopardi nel 1820 (www.wikipedia.it) |
16 Gen.1821
Da fanciulli, se una veduta, una campagna, una pittura, un suono ec. un racconto, una descrizione, una favola, un'immagine poetica, un sogno, ci piace e diletta, quel piacere e quel diletto è sempre vago e indefinito: l'idea che ci si desta è sempre indeterminata e senza limiti: ogni consolazione, ogni piacere, ogni aspettativa, ogni disegno, illusione ec. (quasi anche ogni concezione) di quell'età tien sempre all'infinito: e ci pasce e ci riempie l'anima indicibilmente, anche mediante i minimi oggetti. Da grandi, o siano piaceri e oggetti maggiori, o quei medesimi che ci allettavano da fanciulli, come una bella prospettiva, campagna, pittura ec. proveremo un piacere, ma non sarà più simile in nessun modo all'infinito, o certo non sarà così intensamente, sensibilmente, durevolmente ed essenzialmente vago e indeterminato. Il piacere di quella sensazione si determina subito e si circoscrive: appena comprendiamo qual fosse la strada che prendeva l'immaginazione nostra da fanciulli, per arrivare con quegli stessi mezzi, e in quelle stesse circostanze, o anche in proporzione, all'idea ed al piacere indefinito, e dimorarvi. Anzi osservate che forse la massima parte delle immagini e sensazioni indefinite che noi proviamo pure dopo la fanciullezza e nel resto della vita, non sono altro che una rimembranza della fanciullezza, si riferiscono a lei, dipendono e derivano da lei, sono come un influsso e una conseguenza di lei; o in genere, o anche in ispecie; vale a dire, proviamo quella tal sensazione, idea, piacere, ec. perché ci ricordiamo e ci si rappresenta alla fantasia quella stessa sensazione immagine ec. provata da fanciulli, e come la provammo in quelle stesse circostanze. Così che la sensazione presente non deriva immediatamente dalle cose, non è un'immagine degli oggetti, ma della immagine fanciullesca; una ricordanza, una ripetizione, una ripercussione o riflesso della immagine antica. E ciò accade frequentissimamente.
Giacomo Leopardi (Zibaldone)
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È una paginetta celeberrima, tratta da quel diario intimo di riflessioni, annotazioni, scritti che è lo Zibaldone, inteso come miscuglio di cose, e che il poeta scriverà per tutta la sua breve vita. Il brano che riporto, scritto nel gennaio del 1821 è un ulteriore esempio - se mai ve ne fosse bisogno - della grandezza di Leopardi. Un classico è tale quando attraversa i tempi, apparendoci sempre moderno, perché parla ai nostri sensi, al nostro interiore, destandoci sentimenti di meraviglia, facendoci esclamare: è proprio così. Transepocale.
Giunta all'età che ho oggi, leggendo queste poche righe del poeta di Recanati, mi trovo a dire: «è vero».
È vero, spessissimo ho uno scoppio di felicità interiore (Leopardi non azzarda a tanto, dice "piacere") è quando mi trovo a ripercorrere, riprovare, rivedere, un sentimento, una sensazione, un'immagine che appartiene alla mia fanciullezza e che rivivo - sia pure solo per un attimo - nella sua interezza. Una sorta di transustanziazione laica.
Dice il poeta che solo nell'anima dei fanciulli, degli antichi o degli ignoranti può albergare la pienezza di un piacere. Quando si è colti (come Giacomo Leopardi) e/o adulti, la ragione, l'intelletto, la cultura inficiano, intorbidano, annacquano, affogano (usate la metafora che più vi aggrada) la pienezza, la purezza e la spontaneità di quel piacere.
Per questo amiamo la malinconia, da adulti, perché ci precipita l'anima in un abisso di pensieri indeterminati (lo scrive nel luglio del 1820), ciò a cui aspiriamo appare lontano, vago. Irraggiungibile, e per ciò stesso desiderabile. Perché nella natura dell'uomo, aggiungo io e non solo io, sta il lanciare se stesso OLTRE se stesso.
Immaginazione e illusione nutrono i nostri aneliti all'infinito, o meglio all'indefinito, all'insaisissable, dove l'anima si perde.
Leopardi dice tutto ciò all'età di 23 anni. Genio.
3 commenti:
Artemide Diana cara, nulla di così potente come questa tua scrittura, nulla di così agognato come queste parole: condivisione piena. Parli di malinconia, quella che viviamo da adulti, perché "ciò a cui aspiriamo appare lontano, vago. Irraggiungibile, e per ciò stesso desiderabile. Perché nella natura dell'uomo, aggiungo io e non solo io, sta il lanciare se stesso OLTRE se stesso". Mi aggiungo anch'io al tuo pensiero, mi aggiungo anch'io tra coloro che vede in questo lancio il percorso, i pensieri di chi resta malinconico "fino a tardi".
GRAZIE DI CUORE. NON SO DIRE ALTRO. Pper ora.
Ti abbraccio,
Silvia
Artemide Diana cara, nulla di così sentito come queste parole, nulla di così agognato come questo pensiero: condivisione piena. Parli di malinconia, quella che si vive da adulti, quella che "ci precipita l'anima in un abisso di pensieri indeterminati [...]. Perché nella natura dell'uomo, aggiungo io e non solo io, sta il lanciare se stesso OLTRE se stesso". E' questo "OLTRE" che mi interessa. Mi aggiungo anch'io tra coloro che restano malinconici "fino a tardi". GRAZIE DI CUORE, NON HO ALTRE PAROLE PER ORA.
Ti abbraccio forte,
Silvia
Abbraccio anch'io te, cara. ♥
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