mercoledì 9 giugno 2010

Valori e assenza di valori del dopoguerra nel cinema di De Sica

Valori e assenza di valori del dopoguerra nel cinema di De Sica

di Jacqueline Spaccini





Vittorio De Sica (1901-1974) è un regista italiano (che prenderà la cittadinanza francese nel 1968), il quale ha ottenuto 4 premi Oscar (un record mondiale, ex-aequo con John Huston e inferiore solo a Federico Fellini che di Oscar ne ha vinti 5).

Quando De Sica diventa regista (nel 1939), è già molto conosciuto come attore (e continuerà a recitare anche dopo esser diventato regista). Ha iniziato con il cinema muto, ma poi è diventato famoso grazie ad alcune commedie disimpegnate, quelle dei telefoni bianchi, come Gli uomini che mascalzoni (1932), diventato film immortale per la canzone Parlami d'amore Mariù (cantata dallo stesso De Sica). Con il film Il signor Max diventa un divo.

I film di cui tratteremo qui sono considerati 3 capolavori del neorealismo, anzi: tre capolavori in assoluto, ma, a onor del vero, De Sica è il regista di molti altri film degni di ammirazione (per esempio: I bambini ci guardano 1943, Miracolo a Milano 1950, L'oro di Napoli 1954, La ciociara 1960, Ieri, oggi e domani 1963, Matrimonio all'italiana 1964, Il giardino dei Finzi Contini 1970), di cui – per accrescere la propria cultura e farsi un piacere personale - si consiglia vivamente la visione.

* * *


Quel che interessa De Sica sono gli ambienti popolari e soprattutto i bambini e i vecchi, cioè gli esseri indifesi.

Il film Sciuscià si ispira a due ragazzini, soprannominati Scimmietta e Cappellone, che De Sica aveva conosciuto per davvero, mentre spendevano il loro denaro al galoppatoio (= allée cavalière) di Villa Borghese (Roma) noleggiando un cavallo da cavalcare. La sceneggiatura è di Cesare Zavattini e Sergio Amidei (quello di Roma città aperta).

Il soggetto di Ladri di biciclette è vagamente ispirato all'omonimo romanzo di Luigi Bartolini, ma giusto come spunto (= suggestion) , riletto da Zavattini e sceneggiato da Suso Cecchi D'Amico; mentre sia il soggetto che la sceneggiatura di Umberto D. sono interamente di Zavattini.



LOCANDINA SCIUSCIÀ 1946


Che cosa significa Sciuscià?

Accademia della Crusca:


Sciuscià è «una delle creazioni lessicali più famose dell'ultima guerra mondiale, non meno pop

olare, fra i contributi americani, di okay e di segnorina.

A Napoli, e in altri centri dell'Italia centro

-meridionale, i ragazzi si servivano di questo termine per offrirsi come lustrascarpe [=cireurs de souliers]
ai militari alleati dopo la loro venuta in Italia, nel 1943.
Una forma di

accattonaggio, una piaga sociale, quella di questi ragazzi laceri, sporchi, affamati e privi di qualsiasi appoggio.
La parola sciuscià, così pronunciata a Napoli, Roma ecc., riflette

l'americano shoeshine, […] ma è stato nella forma sciuscià che la voce si è rapidamente imposta attraverso tutta la penisola, diventando SUCCESSIVAMENTE sin

onimo di "giovane vagabondo, accattone" e persino di "ladro". Si legge in un giornale dell'aprile 1947: «Poteva diventare sciuscià, forse diventerà marinaio.


Oggi, e specialmente dopo l'interesse suscitato dal film omonimo di Vittorio De Sica (1946), sciuscià è venuto a identificarsi, per molti italiani, col tradizionale

scugnizzo, sostituendolo nell'uso che se ne fa fuori di Napoli».

Trama

Protagonisti sono due ragazzini (uno dei due, Pasquale, diventerà – crescendo

– un attore abbastanza famoso) che si arrangiano a vivere in «un'Italia triste e senza sole - come dirà un altro

regista famoso, Dino Risi, dalle pagine del quotidiano Milano sera nel '46 -, un'Italia uscita da una guerra lacerante; Sciuscià è un atto di accu

sa, ma è soprattutto un bel film senza pietismi, senza declamazioni, con poche lacrime. Il film di un intelligente uomo di cuore con il quale si può cominciare a rifare il no

stro (e non solo il nostro) cinema».


LOCANDINA LADRI DI BICLETTE 1948

Ladri di biciclette, tradotto in francese Un voleur de bicyclettes (mais les voleurs sont deux). E insisto sul fatto che le altre lingue abbiano rispettato il plurale del film, perché in caso contrario sembrerebbe che la storia sia quella di un ladro (di biciclette, all'occorrenza), mentre lui – a differenza dell'altro – lo è solo in un attimo di disperazione. E De Sica vuol sottolineare la differenza, tra due espressioni della povertà romana all'indomani del dopoguerra: il ladro «professionista» vive in un quartiere che è una sorta di «corte dei miracoli» romana, spalleggiato da altri delinquenti come lui, con una madre aggressiva che lo protegge e lo difende. Ma quella è gente che è malavitosa (= délinquante, qui appartient à la pègre) anche senza dopoguerra e fame. Lo è da generazioni e lo è di mentalità. Qui l'essere più indifeso sembra essere il padre, dal momento che il bambino Bruno ha sempre ben chiare le cose e sa come bisogna agire e reagire e soprattutto rapportarsi agli altri. È un bambino piccolo, che lavora, aiuta i genitori, ha un rapporto di timore e di complicità con il padre e nel momento in cui suo padre sembra perduto è quello che sa ricomporre l'eticità del genitore, porgendogli il cappello. Il bimbo è il futuro di quell'Italia un po' perduta, smarrita (désemparée) – come Antonio - cui farà seguito un inaspettato boom economico.



LOCANDINA UMBERTO D. 1952

Umberto D. è da un certo punto di vista il più neorealista dei film di De Sica. Forse il più neorealista dei film italiani. Il protagonista si chiama Umberto Domenico Ferrari, un pensionato sui 70 anni, che vive in una camera d'affitto insieme con il suo cagnolino Flick. In seguito a un ricovero ospedaliero perde tutto e pensa al suicidio.

Di questo film ha detto André Bazin: «Jusqu'au jour où je vis Umberto D., je considérais Voleur de bicyclettes comme l'extrême limite du néo-réalisme en ce qui concerne la conception du récit. Aujourd'hui il me semble que Voleur de bicyclettes est encore loin de l'idéal du sujet zavattien. Non que je considère Umberto D. comme supérieur, [mais dans ce film] on entrevoit à plusieurs reprises ce que serait un cinéma véritablement réaliste quant au temps. Un cinéma de la "durée"» (Qu'est-ce que le cinéma, IV, Éditions du Cerf, 1962).


E ora buona visione dei film…


Jacqueline Spaccini©2010

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