Ieri ma forse oggi e domani
Io lo so di aver letto l'opera più conosciuta di Agota Kristof, La trilogia della città di K. Ho il libro che mi fu regalato, nella casa italiana, e sarà di certo sottolineato. Però non ricordo nulla. Proprio nulla, a parte dei nomi: Mathias, Victor, Clara. Ah, sì, ricordo che ebbi molte riserve. Insomma, ero certa che non avrei letto più nulla di lei. A dire la verità non ricordavo nemmeno che fosse ungherese. Pensavo fosse tedesca della DDR. Per dire.
Poi, poco tempo fa, ho messo sul mio blog (questo, prima che aprissi uno specializzato) una mia poesia, Due poeti in casa, scritta - con ironia e amore - nel 2000.
Mi colpì il commento di Gio (che tiene un bellissimo blog, Dystopia), il quale così osservò: «Mi viene in mente il finale di Ieri, di Agotha Kristoff. Lo conosci?».
No, non lo conoscevo. Lo acquistai. Nella versione francese.
AGOTA KRISTOF |
Solo più tardi, leggendo tre righe a lei dedicate - Agota Kristof è nata nel 1935 in Ungheria, da cui è fuggita nel 1956 (all'epoca dell'invasione sovietica), si è rifiugiata con marito e figlioletta, a Neufchâtel, dove tuttora vive [è morta il 27 luglio 2011. Questo post è stato scritto nell'aprile 2011], nella Svizzera romanda (cioè francofona) -, scoprii che lei scrive in francese. Direttamente in francese, la lingua dell'esilio.
E dunque, veniamo al libro. Definito romanzo, è in realtà un racconto lungo, scritto in prima persona, dove il personaggio che dice «io», è un uomo. Un giovanissimo uomo. Ricostruendo le sue vicende, il lettore si rende conto che Tobias ha appena 23 anni.
Debbo dire che l'incipit è stato per me nel contempo sconcertante e irritante.
Antonio Ligabue, Tigre reale |
Ieri, soffiava un vento conosciuto. Un vento che avevo già incontrato. La primavera era precoce. Camminavo nel vento con passo deciso, svelto, come ogni mattina. Avevo però voglia di ritrovare il mio letto e di rimanerci dentro fino a quando non avessi sentito avvicinarsi quella cosa che non è voce né gusto né odore, solo un ricordo vaghissimo, venuto da oltre i confini della memoria. Lentamente, s'è aperta la porta e le mie mani penzolanti hanno avvertito con terrore i peli serici e dolci della tigre.
- Musica, disse. Suona qualcosa! Al violino o al piano. Al piano, magari, ma suona!
- Non lo so fare, dissi. Non ho mai suonato il piano in vita mia, non ho un piano, non ne ho mai avuti.
- In tutta la tua vita? Che sciocchezze! Vai alla finestra e suona!
Davanti alla finestra, c'era una foresta. Ho visto gli uccelli riunirsi sui rami per ascoltare la mia musica. Ho visto gli uccelli. Le testoline piegate e gli occhietti fissi che guardavano da qualche parte attraverso me.
La musica si faceva sempre più forte. Diventava insopportabile. Un uccello morto cadeva da un ramo. La musica si è fermata.
Mi sono voltato.
Seduta in mezzo alla stanza, la tigre sorrideva.
- Per oggi basta così, disse. Dovresti esercitarti più spesso (*).
La traduzione è mia, non conosco quella italiana. Ho arbitrariamente modificato il vous francese traducendolo con il tu (invece che con il Lei di cortesia). Perché ritengo che la tigre in italiano dia del tu al narratore (autodiegetico).
L'avrete capito. Il protagonista sogna. Anzi, poverino, soffre di incubi notturni. All'inizio mi ha dato proprio fastidio questo suo francese (che voi leggete qui tradotto in italiano, ma in nota troverete la versione originale), a mezza strada tra Prévert e Camus.
Un francese a metà, che non mi sembrava volutamente elementare, bensì necessariamente e - con ciò stesso - eccessivamente rigido, inibito, segreto.
Poi però, la storia prende forma, trova una sua strada. L'alienazione del protagonista si concretizza molto di più (per fortuna, evitando al lettore dei déjà-vus) all'esterno della fabbrica, risalendo nel tempo passato, rivelando una parte dell'infanzia, lasciando un punto interrogativo inquietante (cui verrà data risposta verso la conclusione del libro).
dal sito http://www.cinemaesessantotto.it |
Non mi piace raccontare le trame: non lo farò neppure qui. Mi piace invece consigliare la lettura di un libro, lasciando pregustare un sapore, senza svelare gli ingredienti della ricetta. Buona lettura.
P.S. Ho atteso di leggere tutta la storia, ho atteso di arrivare all'ultima pagina, per verificare se per davvero la mia poesia aveva una connessione, un rimando, un rinvio seppure leggero, all'epilogo di Hier.
E debbo dire di sì. Ce l'ha.
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(*) Hier, il soufflait un vent connu. Un vent que j'avais déjà rencontré. C'était un printemps précoce. Je marchais dans le vent d'un pas décidé, rapide, comme tous les matins. Pourtant, j'avais envie de retrouver mon lit et de m'y coucher, immobile, sans pensées, sans désirs, et d'y rester couché jusqu'au moment où je sentirais approcher cette chose qui n'est ni voix, ni goût, ni odeur, seulement un souvenir très vague, venu d'au-delà des limites de la mémoire. Lentement, la porte s'est ouverte et mes mains pendantes ont senti avec effroi les poils soyeux et doux du tigre.
- De la musique, dit-il. Jouez quelque chose ! Au violon ou au piano. Au piano, plutôt. Jouez !
- Je ne sais pas, dis-je. Je n'ai jamais joué de piano de toute ma vie, je n'ai pas de piano, je n'en ai jamais eu.
- De toute votre vie ? Quelle sottise ! Allez à la fenêtre et jouez !
En face de ma fenêtre, il y avait une forêt. J'ai vu les oiseaux se rassembler sur les branches pour écouter ma musique. J'ai vu les oiseaux. Leur petite tête penchée et leurs yeux fixes qui regardaient quelque part à travers moi.
Ma musique se faisait de plus en plus forte. Elle devenait insupportable.
Un oiseau mort est tombé d'une branche.
La musique a cessé.
Je me suis retourné.
Assis au milieu de la chambre, le tigre souriait.
- Cela suffit pour aujourd'hui, dit-il. Vous devriez vous exercer plus souvent.
(Agosta Kristof, Hier, Paris, Édition du Seuils/Points, 1995, pp. 9-10)
3 commenti:
Grazie infinite Jacq!
Sono io che ti ringrazio, Gio.
Solo recentemente ho letto ''La trilogia della città di K.'' di Agota Kristof ... un romanzo che ho rapidamente cancellato dalla memoria.
Non ricordo il nome dei protagonisti, i due fratelli gemelli o quello della nonna. Nella mente è rimasto il finale, aspro,senza poesia...
Leggerò ''Ieri'' per vedere se...
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