mercoledì 21 ottobre 2009

La città nel Decameron di Boccaccio

Ambrogio Lorenzetti (biografia)
Città sul mare



Destinato ai miei studenti di IT9A2
e a quelli in CAPES



La città nel Decameron di Boccaccio

di JACQUELINE SPACCINI


Giotto
(1303-1305 - Padova, Cappella degli Scrovegni, part.)
[ovvero 35 anni prima del Decameron]



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LEGENDA: I riferimenti al Decameron di Boccaccio sono indicati con i numeri romani per le giornate e con quelli arabi per le novelle. Esempio: II, 6 = Seconda giornata, Sesta novella.
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Partiamo dal fatto che la nozione di città è ancora giovane ai tempi del Decameron di Boccaccio. E comunque è una nozione lontana - e molto diversa - dalla futura idea di città rinascimentale.


Ambrogio Lorenzetti
Effetti del buon governo, 1338-1340,

Siena, Palazzo Pubblico



Per prima cosa, vediamo: quali sono i fattori comuni di una città medievale.
Poi controlleremo quale nozione di città esce dal capolavoro boccacciano.
I PARTE:

a) Il castello feudale è stato abbandonato, ma la città è comunque ben chiusa, circondata da una cinta muraria per difendersi dalle aggressioni esterne.


Monteriggioni (Siena)



cinta muraria di Viterbo (Lazio): i merli


1. Due tipologie di città:
1.1. città in pianura



Fontanellato (a 20 km da Parma, pianura Padana)


1.2. città in collina che, per la verità, assomiglia di più a un borgo che a una vera e propria città:


Presenzano (Caserta)


b) non esiste un piano urbanistico, quindi:
1. le vie sono tortuose, spesso viuzze [= petites ruelles], non ci sono leggi che regolamentino la distanza di un edificio rispetto all'altro, né prospiciente né laterale. Spesso le case sono addossate le une alle altre.





Andreuccio per le vie strette di Malpertugio


2. non esistono servizi igienici. Per quanto riguarda l'acqua potabile, si va a prendere dai pozzi. Per quanto riguarda l'evacuazione rettale, esistevano degli impianti igienici comuni esterni (abitudine che in certe zone più arretrate dell'Italia è rimasta fino alla metà del XX secolo); per la pipì, si usava gettare dalla finestra il contenuto del vaso da notte, prevenendo la gente sottostante con un gare l'eau! [ da: garde à l'eau] repentino. Ma in genere i liquami venivano gettati dopo la campana serale.

Nella novella di Andreuccio da Perugia [II, 5], il protagonista,



richiedendo il naturale uso di dovere diporre il superfluo peso del ventre, dove ciò si facesse domandò quel fanciullo, il quale nell'uno de' canti della camera gli mostrò uno uscio e disse:
- Andate là entro. -
Andreuccio dentro sicuramente passato, gli venne per ventura posto il piè sopra una tavola, la quale dalla contraposta parte sconfitta dal travicello sopra il quale era ; per la qual cosa capolevando questa tavola con lui insieme se n'andò quindi giuso: e di tanto l'amò Idio, che niuno male si fece nella caduta, quantunque alquanto cadesse da alto, ma tutto della bruttura, della quale il luogo era pieno, s'imbrattò."


[La planche bascule et s'effondre sous Andreuccio (...) Il fut entièrement souillé de la gadoue qui emplissait l'endroit*]

Il luogo ove ciò accade è Napoli, contrada di Malpertugio [= Malpertuis] e così Pasolini rappresenterà la scena della caduta (in senso fisico ma anche morale) di Andreuccio nel suo Decameron (1971):



Andreuccio-Ninetto Davoli



Quando Andreuccio riesce a uscire dal luogo malsano e prova a tornare alla sua locanda, ma prima vuol lavarsi per togliersi il puzzo di dosso e dirigendosi verso il mare, prende la Rua Catalana che esiste ancora oggi.


3. Pianta delle città: varia. Rettangolare o a raggiera, con salite e discese (in genere, la città medievale è collinare). Le strade sono strette anche per non permettere al freddo e al vento di incunearsi per i viottoli e quindi c'è un'idea di protezione - diciamo - termica della città.

Naturalmente, non tutte le città sono uguali.



Firenze, via Ricasoli, un tempo via del Cocomero
la foto è tratta dal sito wikipedia (clicca qui per il nome dell'autore)



Per esempio, la rettilinea via del Cocomero [que le traducteur français dit "du Concombre", (sic)], citata da Boccaccio nella novella VIII, 9 è la strada in cui alloggia Maestro Simone ("più ricco di beni paterni che di scienza", scrive Boccaccio).

Essa fu disegnata da Arnolfo di Cambio (1240-1302), il quale fu tra l'altro anche urbanista. L'antica via del Cocomero prese poi il nome di via Ricasoli.


E appare come nuova (cioè moderna) la piazza di Santa Maria Novella a Bruno e a Buffalmacco che vi si recano per "ordinare la beffa" allo sciocco e presuntuoso maestro Simone.
Scrive Giorgio Vasari nelle sue Vite: "[...] come uomo burlevole celebrato da messer Giovanni Boccaccio nel suo Decamerone, fu, come si sa, carissimo compagno di Bruno e di Calandrino, pittori ancor essi faceti e piacevoli [...]".

In effetti, tale piazza fu finita solo nel 1325. Grandissima, accoglieva i fedeli che venivano ad ascoltare le prediche religiose, ma anche i cittadini fiorentini che andavano sulla piazza per divertirsi in varie feste, spettacoli e palii che lì venivano organizzati.
La chiesa di Santa Maria Novella è citata (ma non descritta) nell'Introduzione della Prima giornata, laddove l'autore narra che un martedì sette giovani donne vi si ritrovarono per pregare.



Firenze, piazza S. M. Novella
(la foto è del 2008, in pieni lavori, senza giardini,
ma è più somigliante all'immagine della piazza del XIV secolo
)


E ancora poi, i protagonisti, prendono la strada di Santa Maria della Scala (la via parte dalla piazza di S.M.N.), all'epoca una contrada, un borgo, nel quale si trovavano fosse ricolme di liquame. Sull'orlo di una di queste fosse, Buffalmacco fa lo sgambetto a Maestro Simone per farlo precipitare dentro a testa ingiù (saisit au pied le docteur pour le faire basculer [et] le lance tête en avant dans le liquide). E poi corre come un matto verso il prato di Ognissanti (zona parallela all'Arno, all'epoca boccacciana era un borgo trafficato, snodo viario, ma assolutamente povero, in seguito mercato boario).



4. Casa e bottega. Non v'è separazione tra la casa e il lavoro.
Le case-torri hanno spesso logge e porticati per il commercio.
V'è separazione tra edifici privati ed edifici pubblici. Nelle zone più fredde, d'Italia vi sono molti porticati (anche perché al piano terra degli edifici vanno le botteghe, sotto alle case) che proteggono dal vento (ricordiamo che non vi sono i vetri alle finestre, né tantomeno alle botteghe).
La vita sociale si svolge per lo più nella piazza centrale (certo, anche nelle chiese), in genere detta piazza del mercato (o altrove, piazza delle erbe).



Colle di Val d'Elsa (clicca qui per l'autore della foto)



5. Gli edifici


Gli edifici hanno importanza in primo luogo per la loro funzionalità.
Il palazzo più importante è quello in cui si tengono le assemblee per il governo della città. Sono luoghi laici; la chiesa ormai è solo il luogo delle messe.
Poi ci sono i palazzi delle corporazioni dei mestieri e i palazzi dei governatori della città e dei capitani militari in tempi di rivolte (bargello).







Firenze, Museo del Bargello


Gubbio (Perugia), Palazzo del Bargello



In una celebre novella (VI, 9) - quella che ha come protagonista Guido Cavalcanti - ci sono due elementi interessanti:
1. l'esattezza della topografia
2. la descrizione di usi e costumi cittadini.

Elissa descrive il tratto di strada percorso da Guido: orto di S. Michele > corso degli Adimari > San Giovanni. Descrive poi le tombe presso S. Giovanni, le colonne di porfido e in particolare i sepolcri di marmo che oggi - dice la narratrice - cioè, all'epoca delle novelle - si trova in Santa Reparata. Tutto ha inizio quando la brigada di Messer Betto Brunelleschi, risalendo per la piazza di S. Reparata, decide di dar fastidio a Guido Cavalcanti (1255-1300).

come si ipotizza fosse il complesso di Santa Reparata
[immagine prelevata dal sito http://www.rose.uzh.ch]
Notate la ricostruzione di Boccaccio: quando scrive il Decameron (siamo verso la metà del XIV secolo), la chiesa di Santa Reparata esiste ancora, seppure parzialmente (sta per essere conglobata, inghiottita dal Duomo), ma all'epoca di Guido - che morirà nel 1300, - il Duomo non esiste ancora.
La chiesa di S. Reparata martire viene definitivamente demolita nel 1375, la cupola del Brunelleschi è del 1420; la nuova chiesa che sarà chiamata S. Maria del Fiore è detta ugualmente DUOMO.

Firenze, Santa Maria del Fiore (cupola, facciata e campanile di Giotto)

Della chiesa di cui parla Boccaccio, oggi è visibile (e visitabile) la cripta:

Per quanto riguarda il tragitto di Guido, esso è precisissimo: da Orsanmichele passa per corso Adimari (oggi via Calzaioli); le colonne di porfido sono ancora visibili (clicca qui) e si è così ricostruito il percorso di Guido:


per quest'immagine sono debitrice del sito dell'università di Zurigo (http://www.rose.uzh.ch)

II PARTE:

6. Veniamo ora alla descrizione degli usi e costumi propri dei cittadini.
Per fare questo, passiamo dal concetto di urbano (cioè, della città, cittadino) a quello di urbanità (cioè, al complesso di regole che disciplina i rapporti tra i cittadini - i cosiddetti vicini, nell'opera boccacciana).

6.1. La civilité florentine (e non solo fiorentina)
Fortuna (nel senso latino), amore, onore, ma talvolta i valori sono forze convergenti - quali l'onore e il denaro (il denaro che comincia a divenire molto importante, soprattutto a Firenze e a Venezia) -.
Il fattore primario di urbanità è la condivisione dei beni comuni (le partage des biens) anche se di già vediamo la figura degli usurai nella novella ambientata in Borgogna [I, 1] , in cui muore ser Ciappelletto: "riparandosi in casa di due fratelli fiorentini li quali quivi ad usura prestavano [i il avait élu domicile chez deux frères florentins, établis usuriers dans le pays]". In terra francese, ma gli usurai sono fiorentini.

6.2. I valori urbani
Un esempio alto di urbanità (cortese, ancora medievale) è rappresentato in due novelle, quella che ha come protagonista Federigo degli Alberighi [V, 9] e quella che ha come protagonista Nastagio degli Onesti [V, 8]. Controversa è la questione se tale urbanità "paghi" (cioè, sia redditizia): sì, nelle novelle boccacciane, ma si raccomanda una maggiore prudenza e oculatezza (senza diventare avari).
6.2.1. Federigo: "acciò che egli l'amor di lei acquistar potesse, giostrava, armeggiava, faceva feste e donava, e il suo senza alcun ritegno spendeva; ma ella, non meno onesta che bella, niente di queste cose per lei fatte né di colui si curava che le faceva" [=].
6.2.2. Nastagio: "Perseverando adunque il giovane e nello amare e nello spendere smisuratamente, parve a certi suoi amici e parenti che egli sé e 'l suo avere parimente fosse per consumare; per la qual cosa più volte il pregarono e consigliarono che si dovesse di Ravenna partire" [= ].
Vale a dire: l'amore non è "acquistabile" e il valore [valeur < virtus latine] dei due giovani, - sia di Federigo che di Nastagio -, questo valore - dicevamo - ha un bel mostrarsi "magnifique, généreux et digne d'éloge, une telle conduite loin de le servir, semblait plutôt lui nuire auprès de son aimée" (V, 8).

L'onor mondano (spendere e spandere) si oppone alla miseria e all'avarizia e contribuisce al modernissimo concetto della circolazione dei beni (il far girare l'economia) è una virtù.

Altro valore importante che ha un suo spazio è la discrezione, come compromesso tra la legittimità dell'amore e della vendetta. Precetto indispensabile da seguire - in materia amorosa - e quello secondo il quale tanto il marito tradito quanto la donna traditrice: a) eviteranno lo scandalo; b) preverranno la gelosia e c) combatteranno la collera.

6.3. Il senso di appartenenza: caratteristica tutta fiorentina della civilité (intesa come savoir-vivre) che coincide con l'identità del cittadino. Spesso tale identità passa attraverso la beffa, ma anche attraverso il campanilismo (esprit de clocher).

6.4. Che cosa significa essere cittadino nel Decameron di Boccaccio.
Il concetto non è mai individuale né individualistico. Si ricorre spesso alla parola brigata (= brigade come compagnia, gruppo, comitiva unita da uno stesso interesse o passione). E significativamente - in senso fisico e metaforico - le mura (esistono più cerchie di mura) cittadine unificano la struttura urbana.

7. Se intendiamo la città come spazio geografico, esso non è immobile nel Decameron. Ci si sposta, come ad esempio nella novella II, 9 che ha inizio a Parigi, si sposta a Genova, poi ad Alessandria d'Egitto, Acri e ritorno ad Alba (oggi: Albisola).
Questa mappa dell'università di Zurigo è eloquente:

Il Mediterraneo attorno al 1360. Il viaggio di Ginevra, protagonista della novella


8. E ancora: una città non è soltanto qualcosa di urbanistico, topografico o geografico. Una città non è solo uno spazio meramente fisico. Città è una nozione anche narrativa.
E in questo senso, il Decameron è una "città" provvista di varie cinte murarie.

CINTA MURARIA ESTERNA (detta anche super-cornice): quella in cui chi parla è l'autore (Giovanni Boccaccio) che collega tra loro i racconti o che difende la sua opera, per esempio.
CINTA MURARIA INTERMEDIA (MEDIANA, detta anche cornice): quella in cui chi parla è il narratore (sono 10: 7 donne e 3 uomini). Serve a introdurre la novella.
CINTA MURARIA INTERNA le 100 storie, le novelle, con i loro luoghi, personaggi e temi.

Questo tipo di spazio è detto narrativo: ripetiamo 1. spazio dell'autore; 2. spazio dei narratori; 3. spazio delle novelle. Ci sarebbe un quarto spazio, quello illustrativo, clicca qui per il video sulla casa di Boccaccio e i suoi disegni autografi



Video youtube su Certaldo


Concludendo, rifletteremo altresì sul fatto che:

a) il décor urbain presente nel Decameron è di due tipi: quello che rappresenta (nel senso di: mette in scena) la città moderna (coeva = contemporanea a Boccaccio) e la città del passato (anche la Firenze di Dante Alighieri, morto 20 anni prima della stesura del Decameron) e che Boccaccio guarda le due città con uno sguardo, con un sentimento diverso;

b) alle volte le informazioni storico-geografiche date dall'autore sono conformi alla verità (= véridiques), altre volte sono false ma verosimili (cfr. novella II, 1 - in cui si parla di alcune cose cittadine di Trivigi = Treviso che gli storici ritengono false);

c) spessissimo, le città [oltre a quelle già citate: Palermo, Bologna, Ravenna, Trapani, etc.] sono solamente menzionate, ma non descritte. Questo perché Boccaccio è sì un realista, ma non un "paesaggista", se mi è consentito il termine. Quindi la città è un décor funzionale a situare la scena, con qualche elemento realistico per attrarre e trattenere l'attenzione di chi legge la storia.
Non dimentichiamo che la società boccacciana (nonché la stessa estrazione sociale del Boccaccio) è di tipo mercantile: do ut des (tutto è funzionale a un dare e a un ricevere, c'est donnant-donnant).

Jacqueline Spaccini
Saint-Cloud, le 17-18.10.2009

©Jacqueline Spaccini - Université de Caen -
Tous droits réservés 2009


___________
* Traduction de Jean Bourciez (Paris, Bordas, 1988)


John William Waterhouse, The Decameron, 1916
(Liverpool, Lady Lever Art Gallery
)


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ben fatto, grazie mille

Anonimo ha detto...

Molto bello!Grazie
Luisa