Oh, Germania! La mostra De l'Allemagne al Louvre (II parte)
ovvero Brevi osservazioni su un dipinto di Arnold Böcklin
Mi sono perduta in un quadro di Böcklin, dicevo in conclusione della prima parte del mio intervento sulla mostra dedicata all'arte tedesca dal 1800 al 1937. Il quadro in questione è questo:
Arnold Böcklin, Villa in riva al mare, 1878
Conosco abbastanza bene questo pittore, eppure sempre mi meraviglia, mi coglie di sorpresa, mi spiazza. È un artista che ha ispirato grandemente De Chirico e non solo.
Dinanzi a quest'olio su tela (è la terza versione di un medesimo tema) abbastanza grande (160 cm x 110 cm) si resta come tetanizzati.
A raffiche brevi e secche, il vento piega le betulle, le acacie e i cipressi.
La risacca spezza le onde che si gettano imperiose a riva.
Persino le statue che ornano la terrazza della villa sembrano voler trovare un riparo dalla furia del vento, sottraendosi all'impatto diretto dell'aria cruda.
Intorno, c'è una luce di sole residuo, trepido e insolente. Vorrebbe confortare ma non è per nulla rassicurante.
Una figura femminile s'è lasciata dietro di sé i gradini impervi che ha percorso e si appoggia stancamente alla rovina.
È assorta nei suoi pensieri, quasi sonnolente, la sua malinconia si perde nel décor marino degli alti scogli.
Simile a una colonna, è stretta in uno scialle che le copre il capo senza risparmiarle un brivido forse ricercato.
La spettatrice quale io sono ha sentito lo schiaffo freddo del vento in faccia, la terra mista a sabbia umida ai piedi, il sole di traverso luminoso ma glaciale e ha avvertito distintamente il cadenzato infrangersi delle acque non troppo distante da sé.
Termina il 24 giugno prossimo la mostra che il museo parigino del Louvre ha organizzato in occasione del 50° anniversario del Trattato dell'Eliseo, stipulato tra Francia e Germania.
Tischbein, Goethe nella campagna italiana, 1787
La mostra, ricca e ben illustrata da grandi pannelli che rasentano il lirismo, è organizzata tematicamente, cercando di superare il concetto di "panoramica" e mostrando il cammino percorso dall'arte tedesca dalla fine del XVIII secolo, nel periodo dell'occupazione napoleonica, al 1937, l'anno della mostra sull'arte degenerata che i nazisti organizzarono.
Lucas Cranach
Scrivo questo intervento perché stimo che l'arte tedesca non sia ancora conosciuta - né tantomeno apprezzata - come meriterebbe. C'è tutto uno spirito dentro la pittura di questi ultimi due secoli che vorrei provare a far intravvedere a chi legge, hic et nunc.
Perché l'arte tedesca è impregnata di ideale, di spirito. E la maggior parte delle persone conosce sì e no i dipinti di Cranach, di Holbein il Giovane e di Dürer. Forse anche qualcosa di David Caspar Friedrich (più che altro in ragione di una certa immagine pubblicitaria)...
Albrecht Dürer
David Caspar Friedrich
Hans Holbein il Giovane
E l'ideale iniziale dei pittori tedeschi dell'Ottocento è la Grecia, in ragione degli scritti di Winckelmann. La Grecia, luogo mitico della bellezza ideale che si riassume in Apollo in un primo momento e che in seguito sarà incarnato da Dioniso. La Germania passerà più tardi dalla bellezza apollinea greca, divenuta vuota accademica, all'eros dionisiaco, più vitalistico.
Leo von Klenze, Walhalla, 1836
Quest' amore per le radici elleniche condurrà gli architetti di Ratisbona a costruire il tempio nordico Walhalla (ove si riuniscono le anime degli eroi caduti in guerra) in uno stile neoclassico (1830) che il pittore von Klenze riproduce sulla tela qualche anno dopo.
Ma la vera terra ispiratrice, mèta di viaggi, di soggiorni - e per alcuni definitiva patria terrena - è costantemente l'Italia, anzi i dintorni di Roma. Contro il classicismo asfittico, contro l'accademismo, a favore del patriottismo (per quanto possa sembrare un controsenso), l'Italia diventa l'esempio - ideale e reale - di nobile semplicità che rivitalizza lo spirito germanico. La patria non è un luogo geografico. La patria è un luogo dell'anima.
Overbeck, Italia e Germania (1811-1828)
È il momento dei Nazareni. Di Overbeck e di Pforr (il primo muore a Roma, il secondo ad Albano Laziale), del celeberrimo quadro Italia e Germania, ho già parlato qui; è il momento più che mai della simbologia (di Carstens, morto a Roma, cfr. Notte e i suoi figli). E nella luterana Germania ci sono anche quadri a carattere cattolico (la religione in pittura ancora una volta come strumento di identità nazionale): ne è un esempio, un dipinto di Schnorr von Carolsfeld, La famiglia di San Giovanni Battista, 1817).
Von Carolsfeld, Vergine con bambino, 1820
Un tema religioso asimmetrico: al centro del dipinto non c'è nulla. Il bambino Gesù è spostato po' troppo in basso, decentrato; la Vergine lo guarda con adorata distanza; Giuseppe e gli ospiti sono in tutt'altre faccende affaccendati... E ancora von Carolsfeld rinvia agli italiani con la sua Vergine (1820, il dipinto qui a fianco) di un gusto rinascimentale alla tedesca, con una finestra raffaellesca che incornicia il volto di una bellezza fin troppo mediterranea. La sua è una Madonna altissima e magrissima che gioca coi riccioli del suo bimbo innamorato della mamma... Lui invece ben in carne porge le terga allo spettatore e "cammina" sulle pagine delle Sacre Scritture rigorosamente scritte in ebraico...
Meno originale, più pedissequo seppur con intenti onorevoli, Overbeck copia manifestamente, spudoratamente. Non si tratta più di un omaggio né di un rimando intertestuale, la sua è talvolta non è molto diversa dall'opera di copista: si pensi al suo Maria, Elisabetta, il bambino Gesù e Giovanni, in cui l'unica un po' distante dagli italiani (ma neanche tanto) è la mamma di Giovanni Battista, Elisabetta, cugina di Maria.
Chi invece pur rimanendo ammiratore degli italiani se ne discosta un poco, cambiando il punto di vista, è Woldemar Friedrich Olivier. La giovane madre del suo dipinto, infatti, è tutta presa dall'atto incipiente della falciatura col bimbo, accanto, sul prato, adagiato sui pannolini aperti e quel suo cavaliere è di spalle e il suo destriero dà rinascimentalmente le terga allo spettatore del quadro. Perché quel che conta, qui, non è più il soggetto (in bilico tra il religioso e il laico, qualcosa che mi fa venire in mente il Giorgione della Tempesta). I personaggi di questo quadro sono l'esca ma non il soggetto. Il soggetto è il paesaggio che esce infine dallo sfondo e si fa protagonista. Ma è un paesaggio ancora troppo italiano.
WOLDEMAR FRIEDRICH OLIVIER
Per rendersene conto, basterà gettare uno sguardo a un soggetto che nessuno potrebbe scambiare mai per italiano: penso a La Cavalcata di Falkenstein (1843-44) di Moritz von Schwind.
Ma è nella seconda metà del XIX secolo che l'elemento paesaggistico diventa preminente. Nel momento in cui la Germania vuole affermare la sua identità nazionale unitaria, vale a dire, dopo la guerra franco-prussiana, ma anche prima, certo, in maniera meno prorompente ma comunque goethiana. Due sono gli elementi che nella pittura germanica si fanno nazionali: 1) la natura e 2) gli elementi del meraviglioso (elemento peraltro proprio dei primiviti italiani) presi in prestito dai racconti popolari. Goethe pensava - come penserà anche Mazzini - che l'arte (tedesca, in questo caso) dovesse essere «religiosa e patriottica».
E. F. Oehme, Castello di Scharfenberg, di notte, 1827
L'immaginario romantico tedesco si concentrerà allora su tre soggetti: la cattedrale (esempio vividissimo la travagliata costruzione della cattedrale di Colonia), il fiume e il castello.
La cattedrale ovviamente gotica (perché l'unica arte tutta germanica, per Goethe, è il gotico) diviene simbolo di utopia politica.
Quando la cattedrale di Colonia verrà finalmente portata a termine (principiata all'inizio del XIII secolo, interrotta nel XV secolo, verrà ripresa e "medievalizzata" nel XIX secolo) nel 1880.
All'epoca la cattedrale di Colonia era l'edificio più alto del mondo.
Blechen, Chiesa gotica, 1826
Le cattedrali possono essere in rovina, naturalmente, come per esempio quella di Blechen e che ricorda un décor tipico di un film come La furia dei Titani:
Trailer de La furia dei Titani
Dopo l'amore per la Grecia, dopo l'innamoramento perdurante per l'Italia dei Deutschrömer (= i tedeschi romani), giunge qualcuno che è una via di mezzo, un ibrido. Costui è Arnold Böcklin.
Tutto ciò è visibile in una tela, Villa in riva al mare (1878). In questo dipinto mi sono perduta.
Böcklin, Villa in riva al mare
(fine prima parte)
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Credits : mia visita del 18 maggio 2013 De L'Allemagne 1800-1939 Beaux-Arts éditions (hors-série), 2013