Utilizzare quadri per creare lo sfondo di un romanzo ovvero: come usare l'arte per «arredare» un romanzo
di Jacqueline Spaccini
Quando un autore ambienta il suo
romanzo in un'epoca passata ha spesso l'obbligo di documentarsi
storicamente non solo sugli ambienti, ma anche sugli abiti e gli
oggetti.
Ma se questo stesso scrittore
ricorre a quadri del periodo prescelto, di quelli che descrivono
atmosfere, persone, animali e ambienti di quell'epoca lontana,
egli vedrà il suo compito di molto facilitato: basterà
infatti che faccia prima una selezione di dipinti e che poi si
metta a descrivere quel che vede.
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Facciamo un esempio:
In Oceano
Mare (1993) di Alessandro Baricco, leggiamo
che una delle protagoniste Anne Deverià passeggia lungo la
spiaggia insieme con Elisewin, una ragazzetta di sedici anni
con il suo ombrellino bianco.
Sai cos'è bello qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. ma domani, ti alzerai, guarerai questa grande spiaggi e non ci sarà più nulla, un'orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. [...]
Si parla nel romanzo di una
località, Skagen. Esiste e si trova in Danimarca.
C'è anche una pittrice famosa
di Skagen che si chiama Anne Ancher (come uno dei personaggi di
Oceano Mare)
E allora è probabile che la
passeggiata che Baricco descrive diffusamente nel romanzo, sia
ispirata a questo quadro di Peder S. Kroyer, Mattino
d'estate sulla spiaggia di Skagen (1893).
Del fatto che Baricco abbia nascosto tanti quadri all'interno del suo romanzo più famoso, scrissi diffusamente sulle pagine di Stilos, supplemento del quotidiano La Sicilia, nel 2000 e poi l'ho riportato fuggevolmente anche qui, su questo blog.
Del fatto che Baricco abbia nascosto tanti quadri all'interno del suo romanzo più famoso, scrissi diffusamente sulle pagine di Stilos, supplemento del quotidiano La Sicilia, nel 2000 e poi l'ho riportato fuggevolmente anche qui, su questo blog.
Non bisogna credere però che soltanto la letteratura ricorra a questi stratagemmi. in questo caso, il cinema la fa da padrone: si pensi solo al Francesco Hayez rielaborato in Senso di Luchino Visconti (clicca qui).
In genere, però, i dipinti
entrano nei romanzi in altri modi.
Vediamone uno poco noto.
Mi riferisco a un racconto di
Daniele del Giudice, Nel
museo di Reims, pubblicato per Mondadori nel
1988 (ripubblicato nel 2010 da Einaudi)
Il romanzo è interamente
basato sulla descrizione di quadri. Grazie a un
escamotage: il personaggio principale che è anche il
narratore, è quasi cieco.
Si ricorda (e vuole rivedere), per
esempio, di una tela amata, quella di Delacroix che ha per tema
Desdemona (quella di Otello, per
intenderci) e il padre di costei, furioso per la scelta amorosa
della figlia che è fuggita col Moro, si è con lui
congiunta e sposata. Ora nel quadro ella implora il perdono paterno
e lui, il padre, la maledice.
Vedo il vestito scuro rigonfio,
vedo l'incarnato bianco subito sopra il seno, vedo i capelli lunghi
scarmigliati, vedo lei che solleva un braccio e incontra il braccio
del padre.
[...] il padre mi appare
confuso forse ha le mani per respingere la figlia, forse la sta
maledicendo [...]. Che cosa ricorderò di questo
quadro? Il fatto che una donna chieda di essere tollerata e amata
dal padre così com'è, anzi proprio perché è
così?
Il protagonista del racconto di Del
Giudice, si chiama Barnaba e si trova in un piccolo (ma
incantevole) museo francese. Distingue in maniera sfocata i
particolari dei dipinti, quindi occorre che qualcuno gli descriva i
quadri (e questo è un secondo escamotage dell'autore per
introdurre un secondo personaggio, una donna, affinché il
monologo diventi un dialogo), perché lui non può (o non
può più) vederli.
Tuttavia, questa stessa trovata dà adito a un interrogativo: saranno proprio così, i quadri descritti? Viene introdotto il tema della menzogna.
Il fatto è che i quadri di questo museo hanno tutti un rapporto psicologico col protagonista del racconto e quindi sono incaricati di spiegare il rapporto conflittualedi Barnaba col padre, ma anche il senso di colpa che il giovane si porta appresso: prima quando incontra durante la visita al museo il dipinto di Edouard Chaise dal titolo Le figlie di Pelia chiedono a Medea il ringiovanimento del padre
(clicca qui per vedere il quadro)
e poi, soprattutto, quando si trova davanti al quadro di Théodore Chassérieu, Lo spettro di Banquo.
Gli insegnanti approfitterano a questo punto delle due citazioni precedenti per rievocare il mito di Medea e la storia di Banquo.
Sembrerebbe dunque che i
quadri,oltre a ispessire la materia del narrare, abbiamo anche una
funzione di certo non terapeutica, ma sicuramente epifanico,anzi di
agnizione.
Avrebbe dunque ragione la
psichiatra Graziella Magherini dell'ospedale Santa Maria Nuova di
Firenze, la quale nel 1977 ha coniato il termine LA SINDROME DI
STENDHAL, per un particolare malessere che provano le persone
davanti a uno specifico quadro.
Al molto da approfondire - e ce n'è - non posso dedicare altro tempo, per oggi.
Vi lascio con la lettura di una novella di Antonio Tabucchi, La traduzione, tratta da I volatili del Beato Angelico (1987).
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È una splendida giornata, puoi
starne certo, anzi, direi che è estate, è impossibile non
riconoscere l’estate, lascia che te lo dica, io me ne
intendo. Vuoi sapere da cosa lo deduco, oh, beh, è
facilissimo, come dire?, basta guardare quel giallo. Come sarebbe a
dire? Dunque, stammi bene a sentire, hai presente il giallo?
Sì, il giallo, e quando dico il giallo intendo proprio il
giallo, che non è il rosso o il bianco, ma proprio il giallo,
esattamente giallo. Il giallo, quello là a destra, quella
macchia a stella di giallo che si espande sulla campagna come se
fosse una foglia, un bagliore, insomma qualcosa di questo tipo,
dell’erba seccata dalla calura, mi faccio capire? Quella casa
pare proprio che stia sopra il giallo, che sia retta dal giallo.
È strano che se ne veda poca, solo un pezzo, mi piacerebbe
saperne di più, chissà chi ci abita, magari la signora
che sta attraversando il ponticello. Sarebbe interessante sapere
dove sta andando, può darsi che stia seguendo la carrozzella,
forse il barroccino che si vede vicino ai due pioppi del fondo,
dalla parte sinistra. Potrebbe essere vedova, dato che è
vestita di nero. E poi ha anche un ombrello nero. Comunque quello
le serve per ripararsi dal sole, perché ti ripeto che è
estate, non ci sono dubbi. Ma ora vorrei parlare di quel ponte,
anzi, chiamiamolo ponticello, è così grazioso, tutto
fatto di mattoni, avanza con le fondamenta fino a metà del
canale. Sai che ti dico? Che la sua grazia consiste in quel
marchingegno di legno e corde che lo copre come l’armatura di
una pensilina. Sembra un giocattolo per un bambino intelligente,
hai presente quei bambini che sembrano degli ometti e che giocano
sempre con i meccani o cose del genere, una volta se ne vedeva
nelle case perbene, ora forse un po’ meno, comunque hai
capito. Ma è tutta un’illusione, perché quel
grazioso ponticello che apparentemente ruota con cortesia per
lasciar passare i barconi nel canale, secondo me è una
trappola bell’e buona. La vecchia signora non lo sa,
poverina, nemmeno se lo immagina, ma ora muoverà un altro
passo e sarà un passo fatale, credi a me, sicuramente
metterà il piede su un perfido meccanismo, ci sarà un
clic inavvertibile, le corde si tenderanno, le assi sospese a leva
si stringeranno come mandibole e lei resterà lì dentro
come un topo, nella migliore delle ipotesi, perché nella
peggiore tutte le sbarre che uniscono le assi, quelle pale un
po’ sinistre, se ci pensi bene, scatteranno per combaciare
con esattezza millimetrica e lei, zàcchete, resterà
schiacciata come una frittella. Il vetturale non se ne
accorgerà neppure, magari è anche sordo, e poi quella
signora non gli interessa niente, credi a me, lui ha altro a cui
pensare, se è un contadino penserà alle vigne, i
contadini pensano solo alla terra, sono abbastanza egoisti, per
loro il mondo finisce col campicello; se è un veterinario,
perché potrebbe anche essere un veterinario, sta pensando a
qualche vacca malata nella fattoria che deve trovarsi là in
fondo, anche se non si vede, le vacche sono più importanti
delle persone per i veterinari, ognuno fa il suo mestiere a questo
mondo, cosa ci vuoi fare, e gli altri che si arrangino. Mi dispiace
che tu non abbia ancora capito, ma se ti sforzi sono certo che ci
arriverai, tu sei una persona intelligente, non ci vuole poi molto
a indovinare, o meglio, forse ci vuole un po’, ma mi sembra
di averti dato sufficienti informazioni; ti ripeto, probabilmente
devi solo collegare gli elementi che ti ho fornito, ad ogni modo
guarda, il museo sta per chiudere, vedo il guardiano che ci sta
facendo dei cenni, questi guardiani non li sopporto, hanno sempre
una spocchia che non ti dico, ma semmai torniamo domani, tanto
anche tu non è che abbia troppe cose da fare, no?, e poi
l’impressionismo è affascinante, ah, questi
impressionisti, così pieni di luce, di colore, dai loro quadri
viene quasi un profumo di lavanda, eh sì, la Provenza…
io ho sempre avuto un debole per questi paesaggi, non ti
dimenticare il bastone, sennò poi qualche automobile ti
investe, l’hai appoggiato qui a destra, un po’ più
in là, a destra, ci sei quasi, ricordati, a tre passi sulla
nostra sinistra c’è un gradino.
Compito per gli studenti.
Scegliete uno dei quadri qui di
seguito proposti e utilizzatelo come meglio ritenete per scrivere
una novella di minimo 3300 - max 4000 caratteri spazi inclusi
I quadri sono tutti di Edward
Hopper.