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Agli studenti - non specialisti di italiano - del corso di Letteratura moderna e contemporanea. E a chi vuol leggere...
Non è un testo - quello di Tabucchi - difficile a leggersi: non presenta - volutamente - un italiano complicato; al contrario, è sintatticamente molto familiare, vicino all'oralità, senza mai scadere nel banale, né nel triviale.
Non è un testo - quello di Tabucchi - difficile a leggersi: non presenta - volutamente - un italiano complicato; al contrario, è sintatticamente molto familiare, vicino all'oralità, senza mai scadere nel banale, né nel triviale.
Tabucchi ci tiene. Vuole, ama, desidera che un suo testo - letto ad alta voce - possa dare l'impressione d'essere "detto"/letto in quel preciso istante, così come passa per la testa a chi parla/legge, come se fosse un parlar spontaneo e non un testo pensato.
È fatto così, Tabucchi. E questa è una delle particolarità che ne contraddistinguono lo stile.
È fatto così, Tabucchi. E questa è una delle particolarità che ne contraddistinguono lo stile.
Torniamo al testo.
Per chi - come me - ha una certa età, una parola nel titolo, Casablanca, evocherà subito due cose: la prima è il celeberrimo - nonché omonimo - film (1942) di Michael Curtiz con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman; la seconda, rinvierà la mente a certe pratiche chirurgiche (non anticipo troppo) che venivano (e vengono) eseguite a caro prezzo nella città marocchina situata sulla costa dell'Oceano Atlantico.
Per il momento sapete che si tratta di una lettera (scritta da quella città, e per il fatto che sia menzionato il suo nome DEVE avere la sua importanza).
Lo stile sarà epistolare, monodialogante (una sola persona scrive e per noi che leggiamo: "parla"); di certo non troverete un linguaggio freddo e burocratico, bensì caldo e affettuoso.
Lo stile sarà epistolare, monodialogante (una sola persona scrive e per noi che leggiamo: "parla"); di certo non troverete un linguaggio freddo e burocratico, bensì caldo e affettuoso.
E dunque. Punto primo: Borgart e la Bergman non c'entrano nulla.
Andiamo allora all'analisi del testo.
Sappiate che le domande sottintese - alle quali dovrete trovare una risposta a partire dal testo - sono le seguenti:
Sappiate che le domande sottintese - alle quali dovrete trovare una risposta a partire dal testo - sono le seguenti:
1. chi sono i protagonisti di questo racconto?
2. quali sono i rapporti che intercorrono tra loro? Sono amici, amanti, parenti?
3. perché viene evocata la palma?
4. dove e come viveva la famiglia della storia ?
5. perché la palma si chiama Giosefine?
6. c’è un passaggio ironico nel brano, rintracciabile nello stile usato. Qual è?
7. perché il narratore non vede Lina da così tanto tempo? Che cosa è successo?
8. quale significato simbolico rappresenta la palma?
9. quanti anni ha il protagonista?
10. in quale momento apprendiamo se è un uomo o una donna a scrivere la lettera?
11. qual è lo stile che Tabucchi utilizza? Può dare qualche esempio?
12. il titolo Lettera da Casablanca suggerisce qualcosa. Che cosa?
Leggiamo il testo, prima. Il testo - in versione integrale (da p. 27) - è visionabile qui
Fin dall'incipit, scopriamo che la lettera, scritta da un io narrante [narrateur autodiégétique] inizialmente anonimo, è destinata a una misteriosa Lina (misteriosa solo perché non ne sappiamo nulla), con la quale la persona che scrive questa lettera non ha più rapporti da diciotto anni. Apprendiamo anche che lo [o la] scrivente sta in ospedale - come degente - e che dalla sua finestra vede molte palme (e certo, siamo a Casablanca!) che fanno tornare alla mente una palma in particolare.
"Davanti a casa nostra, quando eravamo bambini, c'era una palma", dice il testo. Allora questa Lina è qualcuno di molto intimo, forse un'amichetta di infanzia o più probabilmente una persona di famiglia (casa nostra/eravamo bambini).
Ma andiamo alla palma. Una palma che Lina non dovrebbe ricordare perché troppo piccola e che l'io narrante ricorda benissimo perché all'epoca in cui fu abbattuta - nel 1953 - aveva 10 anni. Ritenete questo elemento e mettetelo da parte.
Segue un passaggio in cui apprendiamo che l'infanzia (di cui Lina non ha ricordo, perché troppo piccina), l'hanno trascorsa assieme e che poi la bimba si è trasferita a vivere con la zia, lontano da "mamma e papà" (allora chi scrive è fratello/sorella di Lina), per motivi sconosciuti a noi che leggiamo. Apprendiamo anche che gli zii - presso i quali vivrà Lina - abitavano lontano, al Nord (quindi la famiglia abitava al centro oppure al sud) e che la famiglia di Lina e del narratore è quella di un casellante (= garde-barrière).
Il casellante (che è il sorvegliante di un passaggio a livello ferroviario) e la sua famiglia vivono in genere lontano da tutto e da tutti, in una casa che le Ferrovie dello Stato mettono a disposizione (e che si chiama casa cantoniera).
Ecco di seguito 4 esempi di case da casellante:
La palma in questione viene abbattuta (= le palmier a été abattu) , si è detto. Perché e da chi?
La palma fu abbattuta in seguito a un'ordinanza [= un arrêté/décret] del Ministero dei Trasporti, recita il testo, in quanto impedisce la visuale dei convogli di passaggio, il che può essere causa di incidenti [= il fait obstacle à la visibilité et peut provoquer un accident]. La loro è una palma bruttina, esile, magra magra che non dà fastidio a nessuno. Ma se il ministero ha deciso così...
Allora la mamma di Lina e dell'io narrante prende carta e penna e decide di scrivere direttamente al Ministro. Le parole pseudoburocratiche, in un italiano ingenuamente (ma è un'ingenuità costruita, ricordatelo: è Tabucchi che scrive) e goffamente altisonante che la mamma ricerca nella memoria delle cose sentite e che vorrebbe restituire nel foglio - affinché la sua voce sia ascoltata da un ministro - sortiscono un effetto buffo, comico (= produisent un effet cocasse):
" in relazione alla circolare numero... protocollo... palma situata nel terreno antistante a... la suddetta palma non costituisce impaccio... essendo molto amata e facendo compagnia al bambino di salute cagionevole... avendoli noi portati... basta dire che l'hanno battezzata e non la chiamano palma ma la chiamano Giosefine....[2]
Si avverte una certa enfasi e sintassi di tipo fascista (il discorso della mamma fa tornare alla mente certe frasi mussoliniane), una rigidità sintattica (sia pure "fuori posto")... tutte cose che farebbero pensare a una gioventù con trascorsi borghesi - ha studiato, lei -, poi dimenticati o rimossi, oppure semplicemente seppelliti. E insieme, c'è anche una tenerezza di mamma e una semplicità che commuovendo il narratore commuovono anche un lettore sensibile ("l'hanno battezzata"; Joséphine [3] che si semplifica, italianizzandosi - per calco popolare - in Giosefine).
Si avverte una certa enfasi e sintassi di tipo fascista (il discorso della mamma fa tornare alla mente certe frasi mussoliniane), una rigidità sintattica (sia pure "fuori posto")... tutte cose che farebbero pensare a una gioventù con trascorsi borghesi - ha studiato, lei -, poi dimenticati o rimossi, oppure semplicemente seppelliti. E insieme, c'è anche una tenerezza di mamma e una semplicità che commuovendo il narratore commuovono anche un lettore sensibile ("l'hanno battezzata"; Joséphine [3] che si semplifica, italianizzandosi - per calco popolare - in Giosefine).
C'è una antropomorfizzazione evidente: la palma prende non solo sembianze umane, ma persino un nome femminile. Vediamo quindi quanto questa pianta fosse importante nella vita - di certo molto solitaria - dei bambini della famiglia dei casellanti.
Ora nel testo integrale ci sono tante cose che vi farebbero comprendere facilmente come e perché la mamma sia morta quando erano bambini, perché Lina sia andata a vivere dagli zii e sia stata separata dall'io narrante (che giocava col fucile, a 10 anni), il quale le dice anche - verso la fine: "ricordati che papà non era cattivo, perdonalo come io l'ho perdonato" - (= rappelle-toi que papa n'était pas méchant, pardonne-lui comme je lui ai pardonné).
Ma voi non avete il testo integrale nell'antologia e quindi sarà più difficile (ma non impossibile) rispondere a certe domande.
Sapete però fare 1 + 1: una mamma che muore, un papà che in fondo non era cattivo e che bisogna - se si ha cuore - perdonare, dopo tutti questi anni...
Ora nel testo integrale ci sono tante cose che vi farebbero comprendere facilmente come e perché la mamma sia morta quando erano bambini, perché Lina sia andata a vivere dagli zii e sia stata separata dall'io narrante (che giocava col fucile, a 10 anni), il quale le dice anche - verso la fine: "ricordati che papà non era cattivo, perdonalo come io l'ho perdonato" - (= rappelle-toi que papa n'était pas méchant, pardonne-lui comme je lui ai pardonné).
Ma voi non avete il testo integrale nell'antologia e quindi sarà più difficile (ma non impossibile) rispondere a certe domande.
Sapete però fare 1 + 1: una mamma che muore, un papà che in fondo non era cattivo e che bisogna - se si ha cuore - perdonare, dopo tutti questi anni...
La parte che non c'è nel vostro manuale, qui la potete leggere: si parla di come il bimbo inviato in Argentina da certi zii diventi* una sera una bella cantante (en travesti, certo), come avete forse visto in un film di Almodovar come Tacones lejanos (Tacchi a spillo/Talons aiguilles):
E dunque ora si trova in un ospedale, scrive alla sorella perché non è sicuro - lui - che l'operazione chirurgica cui si sottoporrà (presumiamo: il cambio di sesso) avrà esito positivo. A Lina, sua sorella, chiede - in caso contrario - di esser seppellito (= enterré) nel piccolo cimitero in cui riposa la mamma, di essere posto accanto a lei e di volere sulla lapide (= pierre tombale, plaque) non una fotografia che lo ritragga (= qui le représente) da adulto, bensì da bimbo, quel bimbo di sei anni che era felice.
Ma soprattutto:
"Date non ne voglio. Non fare mettere iscrizioni sulla lapide, ti prego, solo il nome, ma non Ettore: il nome con cui firma questa lettera, con l'affetto del sangue che a te mi lega, la tua Giosefine".[4]
Ma soprattutto:
"Date non ne voglio. Non fare mettere iscrizioni sulla lapide, ti prego, solo il nome, ma non Ettore: il nome con cui firma questa lettera, con l'affetto del sangue che a te mi lega, la tua Giosefine".[4]
Credo che Tabucchi si sia (in parte) ispirato[5] alla vicenda di Jacques-Charles Dufresnoy, divenuto Jacqueline-Charlotte a seguito di un'operazione chirurgica fatta a Casablanca nel 1958 e mondialmente noto come Coccinelle. Nel 1962, ottenne il cambio di stato civile, divenendo anche davanti allo stato, una donna. Dopo di lei, però, e fino al 1978, nessuno in Francia poté - causa le proteste e lo scandalo - cambiare sesso all'anagrafe (= registre d'état civil).
Bene, a questo punto avete tutti gli elementi per rispondere alle otto domande iniziali.
Ricordate che Ettore diventa Giosefine che era il nome della palma abbattuta quand'era piccolo.
Ricordate che il titolo della raccolta è Il gioco del rovescio e che ciò che interessa Tabucchi è constatare come i racconti de Il gioco vadano tutti verso un'unità contraddittoria[6].
Ricordate che Ettore diventa Giosefine che era il nome della palma abbattuta quand'era piccolo.
Ricordate che il titolo della raccolta è Il gioco del rovescio e che ciò che interessa Tabucchi è constatare come i racconti de Il gioco vadano tutti verso un'unità contraddittoria[6].
Jacqueline Spaccini
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[1] Antonio Tabucchi, Il gioco del rovescio. Milano, Feltrinelli, 1981
[2] "suite à la circulaire... alinéa... relative au palmier qui s'élève dans le petit terrain situé devant le poste de garde ... ledit palmier ne constitue en aucun cas une gêne pour les convois qui passent à cet endroit... tient compagnie à notre fils, qui en raison d'une santé fragile... il suffit de dire qu'ils l'ont baptisé : au lieu de l'appeler palmier, ils l'appellent..."
[3] Si cita un episodio del fim 47 morto che parla (1950) con protagonista Totò, ma credo che in realtà l'episodio raccontato con una Joséphine Baker " che balla con un copricapo fatto di foglie di palma" appartenga a un altro film di Totò, Carosello del varietà (1954). Bisognerebbe rivedere i due film per controllare.
* Subjonctif italien.
[4] "Je ne veux pas de dates. Ne fais pas mettre d'inscription sur la plaque, je t'en prie, rien que le prénom, mais pas Ettore : le prénom par lequel signe cette lettre, avec l'amour fraternel qui me lie à toi, ta Joséphine" ( la traduction est signée par Lise Chapuis et Martine Dejardin).
NOTA MIA:Trovo bizzarro tradurre affetto del sangue con amour fraternel - pourquoi pas sororal ? - e sono assolutamente in disaccordo sulla scelta di Joséphine - grafia corretta - quando Tabucchi ha optato per Giosefine - grafia errata per calco - con un significato denso dentro, di cui le traduttrici non hanno voluto tener conto.
[5] E se così non fosse, sarebbe comunque una curiosa coincidenza.
[6 ] Dalla quarta di copertina (= quatrième de couverture).
[2] "suite à la circulaire... alinéa... relative au palmier qui s'élève dans le petit terrain situé devant le poste de garde ... ledit palmier ne constitue en aucun cas une gêne pour les convois qui passent à cet endroit... tient compagnie à notre fils, qui en raison d'une santé fragile... il suffit de dire qu'ils l'ont baptisé : au lieu de l'appeler palmier, ils l'appellent..."
[3] Si cita un episodio del fim 47 morto che parla (1950) con protagonista Totò, ma credo che in realtà l'episodio raccontato con una Joséphine Baker " che balla con un copricapo fatto di foglie di palma" appartenga a un altro film di Totò, Carosello del varietà (1954). Bisognerebbe rivedere i due film per controllare.
* Subjonctif italien.
[4] "Je ne veux pas de dates. Ne fais pas mettre d'inscription sur la plaque, je t'en prie, rien que le prénom, mais pas Ettore : le prénom par lequel signe cette lettre, avec l'amour fraternel qui me lie à toi, ta Joséphine" ( la traduction est signée par Lise Chapuis et Martine Dejardin).
NOTA MIA:Trovo bizzarro tradurre affetto del sangue con amour fraternel - pourquoi pas sororal ? - e sono assolutamente in disaccordo sulla scelta di Joséphine - grafia corretta - quando Tabucchi ha optato per Giosefine - grafia errata per calco - con un significato denso dentro, di cui le traduttrici non hanno voluto tener conto.
[5] E se così non fosse, sarebbe comunque una curiosa coincidenza.
[6 ] Dalla quarta di copertina (= quatrième de couverture).