sabato 27 novembre 2010

Friedrick Overbeck : ITALIA e GERMANIA. Il mito dell'Italia con gli occhi di un pittore tedesco


Friedrick Overbeck, Italia e Germania (titolo originario: Sulamith und Maria), 
1811-1828
olio su tela, 94 x 104 cm, Monaco di Baviera, Neue Pinakothek


Lezione per gli studenti di M2 
Cominciamo a vedere come si può descrivere un quadro. Naturalmente inizieremo dai dati più esterni, dai dati obiettivi.

Ecco le consegne:

1. Raccogliere informazioni sull'autore di questo quadro, F. Overbeck.
2. Chiedersi (e cercare risposta) sul perché il titolo originario sia stato modificato (può essere ininfluente, ma occorre documentarsi).
3. Verificare a quale corrente pittorica appartiene l'autore della tela (se appartiene a una corrente pittorica).
4. Il soggetto (e il titolo) del quadro fa capire che è una metafora pittorica riguardante l'Italia e il mito che di essa si aveva.
5. Chiedersi (e cercare di dare una spiegazione) perché è un tedesco che raffigura metaforicamente su una tela l'Italia (cfr. biografia del pittore)
6. Parlare del mito dell'Italia per chi non è italiano, inquadrando il discorso nell'ambito dell'Ottocento.
7. Dopo aver reperito le informazioni e trovato le risposte, scrivere. Se le risposte non sono state trovate (perché impossibili a trovarsi), fornire una propria ipotesi.



Inizio io, dandovi qualche indizio.



Il mito dell'Italia

Non esiste solo la letteratura, come arte rappresentativa e/o militante.
Sul piano del mito, per quel che è dell’arte figurativa, vorrei esporre la visione dell’Italia – visione idealizzata – quale la intendono i tedeschi che appartengono al gruppo chiamato per dispregio i nazareni[1]. Vedremo in un secondo momento qual è la visione dell’Italia per gli italiani del periodo neoclassico, quello che precede il romanticismo e i moti insurrezionali.
Dicevamo i tedeschi (uso anacronisticamente il termine) e l’Italia. Penso a due quadri dipinti nel primo decennio del XIX secolo, uno, di Franz Pforr[2], ha per titolo Sulamite e Maria (1811) e l’altro di Friedrich Overbeck[3], ribattezzato Italia e Germania (1811-1828). Entrambi i dipinti evocano in forma antropomorfa le due culture, quella italiana e quella teutonica, secondo i canoni romantici. Ma mettiamo da parte il quadro di Pforr (cui comunque invito a dare un’occhiata sui libri d’arte) e occupiamoci soltanto di quello di Overbeck.
Al di là dello stile tipico dei nazareni tedeschi che «medievalizzano» (quarant’anni prima dei preraffaelliti inglesi), e per tecnica e per soggetti le loro tele, è rilevante notare come si configuri, per un nordico, l’essenza di ciò che evoca l’italianità. 

Ecco allora che nella figura femminile (Italia non può che essere donna) di sinistra, ritroviamo idealizzati (anche se teutonicamente rigidi) alcuni caratteri «connotanti» la mediterraneità: bruna di capelli, ha una treccia raccolta a corona attorno al viso, un sottile cerchio rosso e foglie di alloro incorniciano il volto pudico e composto, quasi raffaellesco, di Italia. Gli abiti che indossa ricordano quelli delle madonne del Perugino e del Pinturicchio. Lo sguardo della fanciulla Italia è abbassato, sommesso, simbolo di armonica bellezza; la mano sinistra è posta sul grembo e quella destra – in pegno di amicizia (e fors’anche di abbandono, di affidamento) – è offerta alle (e trattenuta dalle) mani dell’altra giovinetta, Germania. 

Le figure sono talmente ravvicinate tra loro che quasi non si scorge paesaggio dietro il profilo delle due, complice una ciocca scomposta che sfugge alla corona di trecce della soave e timida Italia. Ai lati, invece, e precisamente a sinistra della spalla della giovane, scorgiamo un paesaggio che si vorrebbe mediterraneo e lo sarebbe se il pennello non fosse pur sempre teutonico. Le cime delle montagne evocano i paesaggi leonardeschi e il particolare della rovina-castello che sta in mezzo a quello che più che un mare parrebbe essere un lago mi induce a pensare che si tratti del Lago Maggiore. Gli alberi non sono stilizzati, né in senso medievale né in quello solitamente italianizzante (si pensi a certi quadri “italiani” di Poussin); una macchia verde scuro quasi informe che fa da sfondo a una sorta di chiesa minimale, come solitamente non sono le chiese italiane (ma ovviamente i nazareni, ricercano le chiese del Basso Medioevo e del primissimo Rinascimento).

Quanto a Germania, che qui mi interessa meno, dirò velocemente che la sua figura appare complementare: i capelli della seconda fanciulla sono color del miele, con lunghi boccoli disciplinati che scendono sul petto; la coroncina è di mirto, l’abito verde. Il manto rosso sembra un drappo che fugge verso la destra della tela. Un muro di mattoncini delimita verso destra lo spazio che è riempito da un villaggio aguzzo stretto da quelle che immaginiamo essere viuzze tedesche. Sebbene i centimetri di pelle esposta allo sguardo alla fin fine sembrano essere gli stessi, si ha come l’impressione che la fanciulla Germania sia più coperta e comunque il suo abito è più pesante con anche una pelliccetta a bordarle le spalle. E se Italia è silenziosamente assorta, Germania sembra parlarle e confortarla in un alito di dolce intimità.

Ho reso bene l’idea del mito del Nord che ama il Sud, e di come il Nord (la Germania) mitizza il Sud (l’Italia)? Quale ne siano le intenzioni, i clichés funzionano bene: chiunque osservi questo quadro dovendo individuare chi delle due fanciulle dipinte sia Italia e chi Germania non nutrirebbe il benché minimo dubbio al riguardo. Non è vero?

_________________________

[1] I Nazareni, cfr. per un'informazione rapida:  http://it.wikipedia.org/wiki/Nazareni

[2] Franz Pforr (1788-1812) è un pittore tedesco. A Vienna, fonda insieme con Overbeck la confraternita di S. Luca nel 1809, l’anno successivo si stabilisce a Roma. Rappresentante dei Nazareni, ricorre al disegno gotico, senza ombre né modellato. Morirà ad Albano Laziale (presso Roma). Il quadro cui faccio riferimento è un olio su tavola, abbastanza piccolo (34 x 32 cm), si trova a Schweinfurt, in Baviera, e fa parte della collezione Georg Schäfer.

[3] Friedrich Overbeck (1789-1869) è un pittore tedesco. Negli ambienti viennesi, la sua arte – debitrice di Giotto e di Masaccio – non piace. Si stabilisce a Roma dove vivrà per il resto della sua vita, proponendo un’arte che rievochi quella dei primitivi italiani. Pittura malinconica, la sua.

©2010 Jacqueline Spaccini