sabato 26 giugno 2010

Omaggio a Ernst Lubitsch

 Lubitsch, chi era? Chi è? 
Un tedesco, anch'egli ebreo come l'austriaco Billy Wilder, che fece fortuna a Los Angeles (pare fosse stato invitato in America da Mary Pickford, nel '22) e che era apprezzato anche da Wilder (cfr. post sottostante).

Ecco, di tutti i film loufoques che di lui si ricordano (e sono tanti), io scelgo di non parlare di nessuno di loro, bensì dell'unico film drammatico suo (l'ho visto iersera in DVD): Broken Lullaby/ The Man I killed (1932, L'homme que j'ai tué/L'uomo che ho ucciso).

Vi propongo l'unico brano del film disponibile su youtube, in cui è chiara l'opinione che il regista si è fatto dei conflitti bellici (anche se mette in scena la prima e non la seconda guerra mondiale):



E vi racconto il plot:

La guerra è finita da un anno. Bene o male, la vita riprende per coloro i quali sono sopravvissuti. Ma Paul, un giovane musicista parigino (Philip Holmes) non riesce a darsi pace: ha ucciso un solo uomo, un inerme soldato tedesco in trincea, mentre costui era intento a scrivere una lettera alla fidanzata Elsa sull'insensatezza della guerra.
In preda ai rimorsi cui la fede non riesce a porre riparo, Paul decide infine di recarsi in Germania e di chiedere perdono ai genitori (Lionel Barrymore, nel ruolo del padre tedesco, il Doktor Holderlin). Inutile dire che non vi riuscirà e che si innamorerà - ricambiato - di Elsa (Nancy Carrol).
Paul prende piano piano il posto del giovane soldato nel cuore dei genitori e della ragazza.
Ma la coscienza non gli dà tregua...

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P.S. Credo che Broken Lullaby significhi note spezzate (violinista Paul e il giovane ucciso, pianista Elsa. Nessuno dei tre - il secondo per evidenti motivi - riesce più a suonare il benché minimo brano musicale: La musica se n'è andata via, urla Paul al suo confessore).


Pubblicato da Artemide Diana in altro blog nel 2008

venerdì 25 giugno 2010

Anna de Noailles

 Anna de Noailles (1876-1933 )





Esempi di traduzione

Ignoro se vada ancora  di moda la parafrasi nella traduzione delle poesie. Voglio fare un esperimento qui.
Metto:
1.      Un poema d’amore nella versione originale
2.      La sua parafrasi (molti la chiamerebbero la traduzione), non rispetta la rima
3.      La traduzione in una poesia (che è altra, ma comunque una poesia)
4.      Rispetto le rime, rispetto il senso dei contenuti, aggiungo due sole zeppe.


1. Anna de Noailles – Un cœur lent et sans colère (Poème d'amour)

J'ai travesti, pour te complaire,
Ma véhémence et mon émoi
En un c
œur lent et sans colère.

Mais ce qui m'importe le plus
Depuis l'instant où tu m'as plu,
C'est d'être un jour lasse de toi !

- Je perds mon appui et mon aide,
Tant tu me hantes et m'obsèdes
Et me deviens essentiel !

Je ne vois la vie et le ciel
Qu'à travers le vitrail léger
Qu'est ton nuage passager.

- Je souffre, et mon esprit me blâme,
Je hais ce harassant désir !
Car il est naturel à l'âme
De vivre seule et d'en jouir...

RIMA: ABA CCB DDE EFF GHGH



2. Un cuore lento e senza ira (traduzione parafrasi)

Ho camuffato per compiacerti
Veemenza e furia
In un cuore lento e senza rabbia
Ma quel che per me più conta
Dall’istante in cui mi sei piaciuto
È d’esser stanca di te un giorno!
Perdo sostegno e aiuto
Per quanto mi assilli e mi ossessioni
E diventi  essenziale
Vedo la vita e il cielo
Solo attraverso la vetrata leggera
Che è la tua nuvola passeggera.
Soffro e la mente mi rimprovera
Odio questo sfibrante desiderio!
Poiché è proprio dell’anima
Viver sola e rallegrarsene.


3. Un cuore lento e senza rabbia (traduzione poesia)

Per compiacerti ho trasformato   A
Impeto e movimento    B
In un cuore lento e senza fiato   A

Ma quel che per me più conta   C
Dacché mi piacesti è l’esser pronta   C
A stancarmi di te un bel momento   B

Perdo soccorsi e speroni   D
Per quanto mi assilli e mi ossessioni   D
E diventi  mio fondamento     E
Vedo la vita e il firmamento E
Solo attraverso la vetrata leggera   F
Che è la tua nuvola passeggera.   F

Soffro e la mente mi biasima   G
Odio cotal sfibrante desiderio!  H
Poiché è proprio dell’anima   G
Viver sola e goderne sul serio.  H

Jacqueline Spaccini

domenica 13 giugno 2010

AVEVA IL VISO DI PIETRA SCOLPITA

30.08.2010
Colgo l'occasione per ringraziare la giuria del Premio Cesare Pavese  nonché  le autorità del luogo per avermi conferito il Premio Speciale Saggistica Cesare Pavese 2010. Ringrazio altresì il pubblico presente alla premiazione, avvenuta il 29 agosto 2010 nella casa natale dello scrittore langarolo sita in Santo Stefano Belbo (Cuneo).
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13 giugno 2010
È appena uscito il mio ultimo libro (nel momento in cui scrivo non ho ancora le copie tra le mani), Aveva il viso di pietra scolpita per i tipi di Aracne editrice.

Si tratta di una raccolta di saggi sull'opera di Cesare Pavese che riguardano la poesia e la prosa, privilegiando quel che lo scrittore aveva scartato, senza però dimenticare capolavori come La luna e i falò o come Tra donne sole.

Per acquistarlo o chiedere copia omaggio per recensione, cliccare qui.
Oppure ordinare su ibs o bol.

Metto di seguito prima e quarta di copertina:


È ancora attuale Pavese oggi? I suoi libri sono sempre significativi? E
se sì, che cosa trasmettono? In questo viaggio all’interno di cinque
opere dello scrittore piemontese, questo saggio affronta alcune problematiche
proprie del vivere moderno, come ad esempio la ricerca della
propria identità, il disincanto degli affetti, il rapporto tra i sessi, ma
anche le trasformazioni ideologiche e le asperità linguistiche che interessano
chi affronta la letteratura pavesiana. Uno studio, questo, che si rifà
al metodo narratologico e alla critica testuale, corredato da una fredda
passione verso l’autore delle Langhe divenuto nel tempo un classico del
XX secolo letterario. Per descriverlo, potremmo usare le sue stesse parole:
«Tutto accogli e scruti / e respingi da te / come il mare».


Jacqueline Spaccini insegna Lingua e letteratura italiana
presso l’Università di Caen. Come traduttrice ha pubblicato,
tra l'altro, Né sogno né cigno della croata Vesna Parun (Spring,
1999) e La Ripudiata della franco-algerina Leïla Marouane (Spring,
2001). Ha curato una raccolta di testi dedicati a Massimo
Bontempelli (PUC, 2008) e pubblicato un saggio sui rapporti
tra letteratura e pittura (Sotto la protezione di Artemide
Diana, Rubbettino, 2009). Dal 2009 fa parte della Compagnia
Internazionale delle Poete.

ISBN 978-88-548-3226-8
cinque saggi sull’opera di Cesare Pavese
In copertina:
Illustrazione di Carla Massimetti.

mercoledì 9 giugno 2010

Valori e assenza di valori del dopoguerra nel cinema di De Sica

Valori e assenza di valori del dopoguerra nel cinema di De Sica

di Jacqueline Spaccini





Vittorio De Sica (1901-1974) è un regista italiano (che prenderà la cittadinanza francese nel 1968), il quale ha ottenuto 4 premi Oscar (un record mondiale, ex-aequo con John Huston e inferiore solo a Federico Fellini che di Oscar ne ha vinti 5).

Quando De Sica diventa regista (nel 1939), è già molto conosciuto come attore (e continuerà a recitare anche dopo esser diventato regista). Ha iniziato con il cinema muto, ma poi è diventato famoso grazie ad alcune commedie disimpegnate, quelle dei telefoni bianchi, come Gli uomini che mascalzoni (1932), diventato film immortale per la canzone Parlami d'amore Mariù (cantata dallo stesso De Sica). Con il film Il signor Max diventa un divo.

I film di cui tratteremo qui sono considerati 3 capolavori del neorealismo, anzi: tre capolavori in assoluto, ma, a onor del vero, De Sica è il regista di molti altri film degni di ammirazione (per esempio: I bambini ci guardano 1943, Miracolo a Milano 1950, L'oro di Napoli 1954, La ciociara 1960, Ieri, oggi e domani 1963, Matrimonio all'italiana 1964, Il giardino dei Finzi Contini 1970), di cui – per accrescere la propria cultura e farsi un piacere personale - si consiglia vivamente la visione.

* * *


Quel che interessa De Sica sono gli ambienti popolari e soprattutto i bambini e i vecchi, cioè gli esseri indifesi.

Il film Sciuscià si ispira a due ragazzini, soprannominati Scimmietta e Cappellone, che De Sica aveva conosciuto per davvero, mentre spendevano il loro denaro al galoppatoio (= allée cavalière) di Villa Borghese (Roma) noleggiando un cavallo da cavalcare. La sceneggiatura è di Cesare Zavattini e Sergio Amidei (quello di Roma città aperta).

Il soggetto di Ladri di biciclette è vagamente ispirato all'omonimo romanzo di Luigi Bartolini, ma giusto come spunto (= suggestion) , riletto da Zavattini e sceneggiato da Suso Cecchi D'Amico; mentre sia il soggetto che la sceneggiatura di Umberto D. sono interamente di Zavattini.



LOCANDINA SCIUSCIÀ 1946


Che cosa significa Sciuscià?

Accademia della Crusca:


Sciuscià è «una delle creazioni lessicali più famose dell'ultima guerra mondiale, non meno pop

olare, fra i contributi americani, di okay e di segnorina.

A Napoli, e in altri centri dell'Italia centro

-meridionale, i ragazzi si servivano di questo termine per offrirsi come lustrascarpe [=cireurs de souliers]
ai militari alleati dopo la loro venuta in Italia, nel 1943.
Una forma di

accattonaggio, una piaga sociale, quella di questi ragazzi laceri, sporchi, affamati e privi di qualsiasi appoggio.
La parola sciuscià, così pronunciata a Napoli, Roma ecc., riflette

l'americano shoeshine, […] ma è stato nella forma sciuscià che la voce si è rapidamente imposta attraverso tutta la penisola, diventando SUCCESSIVAMENTE sin

onimo di "giovane vagabondo, accattone" e persino di "ladro". Si legge in un giornale dell'aprile 1947: «Poteva diventare sciuscià, forse diventerà marinaio.


Oggi, e specialmente dopo l'interesse suscitato dal film omonimo di Vittorio De Sica (1946), sciuscià è venuto a identificarsi, per molti italiani, col tradizionale

scugnizzo, sostituendolo nell'uso che se ne fa fuori di Napoli».

Trama

Protagonisti sono due ragazzini (uno dei due, Pasquale, diventerà – crescendo

– un attore abbastanza famoso) che si arrangiano a vivere in «un'Italia triste e senza sole - come dirà un altro

regista famoso, Dino Risi, dalle pagine del quotidiano Milano sera nel '46 -, un'Italia uscita da una guerra lacerante; Sciuscià è un atto di accu

sa, ma è soprattutto un bel film senza pietismi, senza declamazioni, con poche lacrime. Il film di un intelligente uomo di cuore con il quale si può cominciare a rifare il no

stro (e non solo il nostro) cinema».


LOCANDINA LADRI DI BICLETTE 1948

Ladri di biciclette, tradotto in francese Un voleur de bicyclettes (mais les voleurs sont deux). E insisto sul fatto che le altre lingue abbiano rispettato il plurale del film, perché in caso contrario sembrerebbe che la storia sia quella di un ladro (di biciclette, all'occorrenza), mentre lui – a differenza dell'altro – lo è solo in un attimo di disperazione. E De Sica vuol sottolineare la differenza, tra due espressioni della povertà romana all'indomani del dopoguerra: il ladro «professionista» vive in un quartiere che è una sorta di «corte dei miracoli» romana, spalleggiato da altri delinquenti come lui, con una madre aggressiva che lo protegge e lo difende. Ma quella è gente che è malavitosa (= délinquante, qui appartient à la pègre) anche senza dopoguerra e fame. Lo è da generazioni e lo è di mentalità. Qui l'essere più indifeso sembra essere il padre, dal momento che il bambino Bruno ha sempre ben chiare le cose e sa come bisogna agire e reagire e soprattutto rapportarsi agli altri. È un bambino piccolo, che lavora, aiuta i genitori, ha un rapporto di timore e di complicità con il padre e nel momento in cui suo padre sembra perduto è quello che sa ricomporre l'eticità del genitore, porgendogli il cappello. Il bimbo è il futuro di quell'Italia un po' perduta, smarrita (désemparée) – come Antonio - cui farà seguito un inaspettato boom economico.



LOCANDINA UMBERTO D. 1952

Umberto D. è da un certo punto di vista il più neorealista dei film di De Sica. Forse il più neorealista dei film italiani. Il protagonista si chiama Umberto Domenico Ferrari, un pensionato sui 70 anni, che vive in una camera d'affitto insieme con il suo cagnolino Flick. In seguito a un ricovero ospedaliero perde tutto e pensa al suicidio.

Di questo film ha detto André Bazin: «Jusqu'au jour où je vis Umberto D., je considérais Voleur de bicyclettes comme l'extrême limite du néo-réalisme en ce qui concerne la conception du récit. Aujourd'hui il me semble que Voleur de bicyclettes est encore loin de l'idéal du sujet zavattien. Non que je considère Umberto D. comme supérieur, [mais dans ce film] on entrevoit à plusieurs reprises ce que serait un cinéma véritablement réaliste quant au temps. Un cinéma de la "durée"» (Qu'est-ce que le cinéma, IV, Éditions du Cerf, 1962).


E ora buona visione dei film…


Jacqueline Spaccini©2010

martedì 8 giugno 2010

Marie-Christine COUSIN analizza il giallo secondo Tabucchi




Analisi de La testa perduta di Damasceno Monteiro

di Antonio Tabucchi

di Marie-Christine Cousin

étudiante en DUIT2 Université de Caen


 

Un romanzo detto poliziesco che non corrisponde al romanzo a enigma, né al noir né al thriller (secondo la tipologia di Todorov), ma prende a prestito un po' da tutti, e nasconde dietro il suo titolo parecchi approcci di un omicidio.

L'aspetto criminale , l'indagine e la scoperta dell'identità dell' uomo ucciso e dei suoi assassini si svolge parallelamente a quella di un incontro tra un giovane giornalista Firmino e un avvocato descritto non attraverso la sua età ma attraverso un aspetto piuttosto sgradevole da cui il soprannome Loton (il riferimento è per Charles Laughton, l'attore che interpretava l'avvocato nel film Testimone d'accusa).

Il romanzo presenta continuamente un dualismo nell' ambiente, nei personaggi, nello stile, nel linguaggio ; dimostra una trasformazione e una evoluzione sia dei personaggi che delle situazioni e dello stile ; e presenta l'organizzazione di un sistema.


 

Si può ovviamente leggere il romanzo con interesse per la « suspense» ma l'enigma non è troppo difficile da risolvere, una telefonata anonima rivela ben presto al giornalista-detective come trovare l'assassino e le motivazioni del delitto. La storia segue una linearità cronologica : scopriamo che il ragazzo ucciso voleva rubare la droga nascosta nei containers della Stones of Portugal e ha perso la vita perché è stato scoperto dal sergente della guarda National : il Grillo Verde - capo dei trafficanti e dai suoi complici  : « Lui voleva fregarli… ma loro hanno fregato lui ».

Come detto, il romanzo non è neanche un vero thriller  : il giornalista-detective non è in pericolo. L'avvocato « non vuole che (lui) si senta Philip Marlowe. »

Dal momento del loro incontro, un'altra storia comincia, quella di un apprendimento - l'educazione civica e culturale di Firmino, in riferimento all'educazione sentimentale di Flaubert citato da Loton nel romanzo.


 

La dualità nel romanzo


 

Questa nozione appare dall'inizio, ne parla Loton : « non so se si è reso conto che il mondo è binario »…

- nel campo geografico : tra le città di Lisbona dove vive Firmino e quella di Oporto dov' è mandato e che trova antipatica. Qui, vediamo la rivalità Nord-Sud.

- nel linguaggio : descrittivo quando si parla di cibo, una cosa molto importante per Firmino e anche per Loton; didattico quando l'avvocato espone la teoria del diritto : la Grundnorm, o insegna a Firmino : « l'oggetto intrinseco della letteratura è la conoscenza dell'essere umano, e poiché non c'è luogo al mondo in cui la si possa studiare meglio che nelle aule dei tribunali »; enfatico nella sua arringa.

- nello stile : poliziesco con immagini crude per parlare delle torture che subiscono le persone nelle mani di un qualsiasi potere arbitrario,

propagandista nei servizi mandati da Firmino al suo giornale : « con molti dettagli pittoreschi, … patetici e drammatici, come un bel fotoromanzo » .

La dualità, la si trova ancora :

- nel contrasto tra Firmino, giovane giornalista ambizioso ma inesperto che conosce poco all'infuori dei suoi studi letterari, e Loton, un « genio » secondo Dona Rosa, un vero pozzo di scienza, che conosce la letteratura francese e tedesca, i filosofi e i teorici e che ha scelto di diventare l'avvocato dei disgraziati;

- tra i potenti : i poliziotti, i nuovi ricchi opportunisti del salazarismo, « che se la intend(ono) bene con tutti i partiti dell'arco costituzionale, dai comunisti alla destra »;

e gli sciagurati. I gitani, i poveri come i genitori di Damasceno, le prostitute come Wanda ; « una di quelle povere creature che si aggirano sulla crosta del mondo e alle quali non è promesso il regno dei cieli »;

- nella nozione del tempo considerato dal punto di vista dei giovani : « per lei, il tempo è un nastro che le si dispiega davanti, come un automobilista che corre su una strada ignota e il cui unico interesse è ciò che verra dopo la prossima curva. », e degli anziani : il passato evocato da Loton con nostalgia , « a volte sogno mia nonna… o so che lei è mia nonna, ma allo stesso tempo è bambina come io sono bambino …. »;

- nella contraddizione tra la stampa libera e democratica che può avvertire l'opinione pubblica ma che nello stesso tempo deve fare sempre piu soldi vendendo più copie;

- nel dualismo tra la vita reale dove si soffre e si muore e il fantastico « una bella parola e anche un concetto su cui meditare » o i giochi come il Milligan che ha « un meccanismo simile a questa insopportabile logica che condiziona la nostra vita »


 

Trasformazioni e evoluzioni nel romanzo


 

L'obiettivo dell'autore particolarmente nella seconda parte del suo romanzo non è più solo di divertire ma anche di fare riflettere :  
« Riflettere su come in diverse plaghe della nostra civilissima Europa, ancora oggi, il termine giustizia non abbia un significato univoco. Su come, tramite l'uso arbitrario del potere poliziesco, sia permesso perpetrare la più umiliante mortificazione dei diritti dell'individuo. Soprattutto riflettere su come una persona, prima di tutto, sia una persona. » [fonte: lettera.com]

Per illustrare queste tematiche Tabucchi sceglie di costruire una relazione maestro-allievo tra Loton e Firmino. Loton vuole insegnare a Firmino a guardare dietro lo specchio.

Da giovane un po' superficiale all' inizio, Firmino seguirà un percorso iniziatico, incontrerà la morte quando sarà confrontato alla testa ritrovata di Damasceno e metterà in dubbio le sue certezze e i suoi riferimenti grazie a Loton che ha saputo criticare con indulgenza le sue scelte.

Ora, si appoggia su Lotman « per quanto riguarda la decifrazione del messaggio occulto »… ma conserva Lukàcs « per quanto riguarda le ragioni politiche ».

Dopo l'esperienza che ha vissuto, non sarà mai più la stessa persona. Questo potrebbe essere un messaggio ottimistico di Tabucchi, nonostante il male nel mondo, la tortura, l'abuso e la violenza: «  non possiamo sopprimere le pulsioni distruttive dell' uomo ».

Tuttavia, quando ci sono delle persone coraggiose che si levano contro l'ingiustizia e soprattutto che non accettano di sottomettersi a qualsiasi potere dittatoriale o disonesto, sia esso militare, politico, economico o intellettuale, le cose possono cambiare. Il processo che Loton e Firmino credevano perso, sarà riaperto grazie alla testimonianza di un « border-line », Wanda.

Un brano nel quale possiamo indovinare l'intenzione di Tabucchi di far capire i cambiamenti che possono accadere nella vita : quello del camaleonte –nome dato con una strizzatina d'occhio sapendo l'ammirazione di Tabucchi per Pessoa di cui è il traduttore e lo specialista riconosciuto mondialmente, a un ristorante « Camaleonte Pessoa » perché Pessoa « era un uomo dalle mille maschere » .

A livello di un paese, sebbene una dittatura come il Salazarismo nel Portogallo duri per anni alla fine è rovesciata, le idee politiche possono passare . Loton da l'esempio seguente : « London fu torturato dai comunisti, Alleg fu torturato perché era comunista ». Nessuna ideologia è buona in sé.

Il riferimento continuo alla Norma Base contiene un avvertimento. Non dire mai « che il fine giustifica i mezzi » questo non è la conclusione di Loton che dice invece  : « con questa frase l'umanità ha commesso le peggiori atrocità. »

Tabucchi mette queste parole in bocca ai suoi personaggi perché è la sua visione del mondo, è un autore polemista, molto impegnato nella vita politica.


 

L' approccio sistemico del romanzo


 

E illustrato principalmente nella metafora della ragnatela : «  il mondo da dietro la finestra … forma una ragnatela, un sistema fatto di sotterranee congiunzioni, di legami astrali, di inafferrabili corrispondenze. »

La funzione dell' intellettuale è di spiegare questo sistema complesso. « Tabucchi rivendica la creatività della conoscenza artistica. Le sue argomentazioni si fondano su una solida consapevolezza : quella dello scrittore che, in quanto scrittore, ha il dovere di mettersi nella pelle degli altri e di guardare il mondo da tanti punti di vista, non solo dal dritto ma anche (anzi soprattutto) dal rovescio » [fonte: Di Stefano Paolo. Corriere della Sera. 8/03/1997].


 

Conclusione


 

La testa perduta di Damasceno Monteiro è un romanzo camaleontico che utilizza diverse tecniche narrative : il giallo, il saggio filosofico, il romanzo politico. Tabucchi ha creato una galleria di ritratti credibili, fa un po' la promozione turistica del Portogallo, mette in scena situazioni plausibili –la storia dell'omicidio è stata confermata poco dopo la pubblicazione del libro. Il suo scopo era di denunciare le derive della giustizia e « l'uso abusivo del potere poliziesco che si permette di perpetrare la più umiliante mortificazione dei diritti dell'individuo » lettera.com

Questo fatto di cronaca potrebbe accadere in qualsiasi paese del mondo contemporaneo. Pensiamo a quello che è accaduto nella prigione di Guantanamo.


 

Marie-Christine Cousin

DU2